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Memorie dell'Accademia Urbense

Camilla Salvago Raggi, Album. 1892 - 1894, Memorie dell'Accademia Urbense (nuova serie) n. 86, Ovada 2010, 134 pp.

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Posso dire che fu mia nonna Camilla a trasmettermi la sua passione per le fotografie?
Non direttamente (è morta prima che io nascessi) ma attraverso i suoi album, ebbene, direi proprio di sì.
Fotografa dilettante lei, fotografa dilettante io. Ma lei lo è stata in un'epoca in cui la fotografia aveva superato da poco la fase pionieristica, ed era ancora appannaggio di pochi. E bisogna dire che se l’è cavata più che bene.
Tutto era cominciato con Badia: 1892 è la data incisa sulla copertina del primo album (sono tre, rilegati in tela rosso vinaccia, pagine cartonate; e le foto che vi sono incollate vi aderiscono cosi saldamente che sembrano parte della pagina stessa) e siccome Camilla e mio nonno Pippo si sono sposati nel '91, questa prima estate rappresenta per lei una villeggiatura e al tempo stesso una coda del viaggio di nozze (erano andati a Venezia, al Danieli: ho ritrovato il conto dell'albergo comprese "due bugie" in camera quella prima sera).
Camilla, appunto. Nasceva Pallavicino, e Pippo, suo marito, era figlio di Paris Salvago, un cattolico liberale noto per aver fondato la Rassegna Universale e per la sua battaglia per il diritto al voto dei cattolici, tant’è vero che accettò di venire eletto deputato in Parlamento a Firenze (ancora la Firenze capitale). Cosa questa che non gli fu mai perdonata dalla suocera Raggi (lei invece fedele al motto nè eletti nè elettori) della quale aveva sposato la figlia, la mia bisnonna Violantina.
Da quel matrimonio era nato nonno Pippo, cui sarebbe stata riservata una brillante carriera diplomatica: ministro a Pechino, Governatore in Eritrea, ambasciatore a Parigi e infine Senatore del Regno: col vanto di aver sempre agito secondo coscienza, pagando di persona certe sue spigolosità tipicamente liguri o, come gli piaceva dire, da genovese a risoreo. Camilla era molto innamorata di lui, e certo per amor suo dovette essersi fatta piacere Badia, che per la verità non dovette sembrarle gran chè in fatto di villeggiatura. Molto meglio Campale dove da quell'anno in poi avrebbero trascorso l'autunno.
In Monferrato l'autunno era considerato la season, si aprivano le ville dei dintorni, c'era società, si poteva giocare a tennis, al volano, e insomma ce n’era abbastanza per soddisfare il suo desiderio di mondanità (il volano, col tempo, Camilla l'avrebbe introdotto anche a Badia: gli anni successivi la mostrano fotografata insieme a coppie di amici, mentre impugna la racchetta e sorride, è sempre così luminoso il suo sorriso, anche se a volte, a posteriori, può sembrare di cogliervi un velo di tristezza....).
A Campale, soprattutto, c'è il bambino Paris (mio padre) da crescere, da viziare, da fotografare insieme al cane Vanda, sul carrettino di legno trainato da una capretta.
A Badia abitavano il palazzo, che detto così sembra chissà cosa, in realtà era il corpo principale dell’ex monastero e non faceva parte a sè ma era come inglobato nella Badia-paese.
Perchè questo era la Badia negli anni a cavallo del secolo, una grossa borgata racchiusa tra la chiesa e la corte e provvista di tutto: sindaco, parroco, ufficio postale, scuola, botteghe, tutto quello insomma che poteva farne un comune autonomo, quale sarebbe stato fino agli anni Trenta. [...]

Camilla Salvago Raggi
Campale, dicembre 2009