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Memorie dell'Accademia Urbense


Emilio Podestà, Giacomo Durazzo da genovese a cittadino d'Europa, Memorie dell'Accademia Urbense (nuova serie) n. 7, Ovada 1992, 168 pp
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Dalla Presentazione:

Era auspicabile che la nostra collana: «Memorie dell'Accademia Urbense», dopo aver raccolto lusinghieri riconoscimenti di pubblico e di stima su argomenti legati all'Ovadese, cogliesse l'occasione di travalicare l'ambito locale, entro il quale sinora si è mossa, per sottolineare il progetto culturale che la ispira, alieno da qualsiasi chiusura campanilistica.
Lo fa ora con un volume di Emilio Podestà, il quale, tralasciata momentaneamente la storia dell'Oltregiogo genovese, che tanto gli deve, ritorna al personaggio che per primo aveva fatto scattare in lui la molla dell'interesse e della ricerca storica: Giacomo Durazzo.
Un genovese, il nostro, a tutto tondo, che si iscrive a buon diritto in quel nutrito gruppo di italiani artisti, letterati, uomini di scienza e perché no, avventurieri, che durante tutto il secolo XVIII percorsero in lungo e in largo l'Europa alla ricerca di quel ruolo e di quella fortuna che l'angustia delle loro patrie non sapeva e non poteva offrire.
È sullo sfondo della Vienna animata dal vento di rinnovamento di Maria Teresa e del Kautnitz che il giovane Durazzo attuerà, assecondando il genio di Gluck, la rivoluzione dell'Opera che lo renderàfamoso, e sarà sempre il Kautnitz che, inviandolo ambasciatore dell'Impero a Venezia, gli renderà possibile legare il suo nome a Vivaldi e costituire la famosa collezione di stampe che darà origine all'Albertina.
Sorte ben diversa gli avrebbe sicuramente riservato Genova nella quale l'atmosfera era tuttaltro che favorevole ai cambiamenti. Lo avrebbe costatato suo nipote, Giacomo Filippo, Marchese di Gabbiano, anche lui fortunato e famoso collezionista, seppure di codici e libri rari, fondatore di un ragguardevole museo di Storia Naturale e di un attrezzato gabinetto di Fisica, o di Filosofia Sperimentale come si diceva allora. Amico e mecenate di scienziati e studiosi e aperto, sia pure con moderazione, a idee di rinnovamento, egli diede vita, all'inizio degli anni '80, ad una accademia scientifico-storica, che perseguiva un cauto progetto di rinnovamento culturale e politico, l'Accademia durazziana, destinata a naufragare in pochi anni, in un 'atmosfera di sorda ostilità perché le cristallizzate strutture del governo oligarchico erano incapaci di qualunque riforma.
Ma queste considerazioni rischiano di portarci lontano dal protagonista del nostro volume e dall'argomento di queste pagine che, dopo averci dato illuminanti notizie sul casato, ricostruiscono, basandosi su di un accurato lavoro di archivio, le prime esperienze pubbliche di Giacomo per la sua Genova, durante la Guerra di Successione Austriaca e la rivolta di Balilla, la successiva ambasceria al comando francese e da ultimo gli anni del più impegnativo incarico diplomatico a Vienna, al servizio della Repubblica.
Percorso il suo emblematico per un verso, perché rappresentativo delle molte e varie esperienze di governo che i 'magnifici' erano chiamati, nel corso della loro esistenza, a sostenere, ma al contempo personale per l'indipendenza di giudizio che egli sa mantenere in ogni evenienza sicché, pur nell'ossequio tradizionale, non rinuncia a stigmatizzare i vizi e le inadeguatezze del regime oligarchico. Di qui il tono staccato, che a volte trapela dai suoi scritti, di qui le scelte future.
Con quest'opera un ulteriore tassello va ad aggiungersi al vasto e articolato scenario che il fiorire degli studi sul nostro Settecento sta delineando, principalmente per merito degli studiosi aderenti alla Società Italiana di Studi sul Secolo XVIII, alla quale il sottoscritto si onora di appartenere: un contributo quindi, nel suo genere, particolarmente apprezzabile, che viene ascritto a nome della nostra Accademia e ne siamo quindi grati all'autore.


Ovada, maggio 1992
Il curatore della collana
Alessandro Laguzzi