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Dalla
Presentazione:
Era
auspicabile che la nostra collana: «Memorie dell'Accademia Urbense»,
dopo aver raccolto lusinghieri riconoscimenti di pubblico e di stima
su argomenti legati all'Ovadese, cogliesse l'occasione di travalicare
l'ambito locale, entro il quale sinora si è mossa, per sottolineare
il progetto culturale che la ispira, alieno da qualsiasi chiusura
campanilistica.
Lo fa ora con un volume di Emilio Podestà, il quale, tralasciata
momentaneamente la storia dell'Oltregiogo genovese, che tanto gli
deve, ritorna al personaggio che per primo aveva fatto scattare in
lui la molla dell'interesse e della ricerca storica: Giacomo Durazzo.
Un genovese, il nostro, a tutto tondo, che si iscrive a buon diritto
in quel nutrito gruppo di italiani artisti, letterati, uomini di scienza
e perché no, avventurieri, che durante tutto il secolo XVIII
percorsero in lungo e in largo l'Europa alla ricerca di quel ruolo
e di quella fortuna che l'angustia delle loro patrie non sapeva e
non poteva offrire.
È sullo sfondo della Vienna animata dal vento di rinnovamento
di Maria Teresa e del Kautnitz che il giovane Durazzo attuerà,
assecondando il genio di Gluck, la rivoluzione dell'Opera che lo renderàfamoso,
e sarà sempre il Kautnitz che, inviandolo ambasciatore dell'Impero
a Venezia, gli renderà possibile legare il suo nome a Vivaldi
e costituire la famosa collezione di stampe che darà origine
all'Albertina.
Sorte ben diversa gli avrebbe sicuramente riservato Genova nella quale
l'atmosfera era tuttaltro che favorevole ai cambiamenti. Lo avrebbe
costatato suo nipote, Giacomo Filippo, Marchese di Gabbiano, anche
lui fortunato e famoso collezionista, seppure di codici e libri rari,
fondatore di un ragguardevole museo di Storia Naturale e di un attrezzato
gabinetto di Fisica, o di Filosofia Sperimentale come si diceva allora.
Amico e mecenate di scienziati e studiosi e aperto, sia pure con moderazione,
a idee di rinnovamento, egli diede vita, all'inizio degli anni '80,
ad una accademia scientifico-storica, che perseguiva un cauto progetto
di rinnovamento culturale e politico, l'Accademia durazziana, destinata
a naufragare in pochi anni, in un 'atmosfera di sorda ostilità
perché le cristallizzate strutture del governo oligarchico
erano incapaci di qualunque riforma.
Ma queste considerazioni rischiano di portarci lontano dal protagonista
del nostro volume e dall'argomento di queste pagine che, dopo averci
dato illuminanti notizie sul casato, ricostruiscono, basandosi su
di un accurato lavoro di archivio, le prime esperienze pubbliche di
Giacomo per la sua Genova, durante la Guerra di Successione Austriaca
e la rivolta di Balilla, la successiva ambasceria al comando francese
e da ultimo gli anni del più impegnativo incarico diplomatico
a Vienna, al servizio della Repubblica.
Percorso il suo emblematico per un verso, perché rappresentativo
delle molte e varie esperienze di governo che i 'magnifici' erano
chiamati, nel corso della loro esistenza, a sostenere, ma al contempo
personale per l'indipendenza di giudizio che egli sa mantenere in
ogni evenienza sicché, pur nell'ossequio tradizionale, non
rinuncia a stigmatizzare i vizi e le inadeguatezze del regime oligarchico.
Di qui il tono staccato, che a volte trapela dai suoi scritti, di
qui le scelte future.
Con quest'opera un ulteriore tassello va ad aggiungersi al vasto e
articolato scenario che il fiorire degli studi sul nostro Settecento
sta delineando, principalmente per merito degli studiosi aderenti
alla Società Italiana di Studi sul Secolo XVIII, alla quale
il sottoscritto si onora di appartenere: un contributo quindi, nel
suo genere, particolarmente apprezzabile, che viene ascritto a nome
della nostra Accademia e ne siamo quindi grati all'autore.
Ovada, maggio 1992
Il curatore della collana
Alessandro Laguzzi