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11
gennaio 1946. La giornata la immaginiamo fredda e faticosa; la norma,
in quel drammatico inverno post-bellico.
Sono una ventina di giovani, quasi tutti originari di un sobborgo
di Ovada ; la "Trapesa". Da qualche tempo hanno cominciato
a ragionare intorno ad un'idea; ne parlano, discutono animatamente,
al lavoro, in strada, dopo cena. Qualcuno dice "è una
pazzia", qualcuno dice "proviamo". Finisce che si mettono
d'accordo, e lo fanno in modo ufficiale, l'11 gennaio di sessant'anni
fa.
Una cosa semplice e in certo modo eroica, ma parlare di "servizi
alla persona", in quel periodo aspro, poteva apparire un lusso
insostenibile e quasi pericoloso. Oltretutto erano "quattro gatti",
con una sola pesantissima barella a mano presa in prestito dal locale
Ospedale S. Antonio, turni faticosi, gambe che affondano nella neve
e nel fango. Per quella neve, per quel fango, "11 gennaio 1946"
è diventato il titolo di questo libro.
Ho scelto di ripercorrere con fedeltà i primi anni di vita
del Sodalizio. Nelle pagine di apertura si affollano nomi, date, verbali
e la lettura può farsi, talora, faticosa; me ne scuso con i
lettori ma era necessario - doveroso - fissare su carta, ricordare
quanti seppero credere per primi nel sogno. Quanti, in un modo o nell'altro,
con grande sacrificio e vigile costanza, sfidarono l'impensabile.
I numerosi passaggi d'archivio hanno restituito personaggi, fatti,
circostanze che pochi ricordano. Penso a Luigi Marenco, che ha legato
il proprio nome alla fondazione dell'ADOS, al Notaio Avv. Emilio Soldi,
cui si deve l'acquisto della prima lettiga a motore, e poi ai Presidenti,
agli amministratori, ai soci, ai numerosi aneddoti e curiosità.
In una così copiosa varietà di materiale, la selezione
e talvolta veri e propri tagli sono stati dolorosamente indispensabili.
A lavoro concluso l'immagine che se ne ricava è quella di un
continuo, inesorabile progresso; dalla prima sede di Piazza San Domenico
al trasferimento, nel 1951, nei locali comunali di Via Torino all'ottenimento
dal Consorzio Antitubercolare Provinciale, sei anni dopo, del piano
terra del nuovo Dispensario di Via Carducci all'attuale dislocazione
del sodalizio. Complice lo sviluppo economico dell'Italia , le cose
avevano preso a marciare per il verso giusto. Gli uomini e le donne
della Croce Verde guardavano avanti, e la fiducia verso quel manipolo
di idealisti, in una comunità dapprima scettica, crebbe. Avevano
cominciato a crederci anche le istituzioni locali ed i datori di lavoro,
che concedevano permessi ai loro uomini impegnati nei servizi. Puntelli
importanti, essenziali.
Nel 1953 l'autolettiga, una fiammante Lancia Ardea, sostituì
la gloriosa barella a mano donata nel 1947 dalla Croce Verde di Sestri
Ponente; gli interventi si moltiplicarono e la popolazione si strinse
sempre più intorno al Sodalizio.
Questo libro, imperfettamente ma orgogliosamente e grazie al prezioso
contributo di Grazia Deprimi, Fabio Rizzo e Walter Secondino, di questa
lunga strada cerca di fissare i tratti salienti.
Se oggi la Croce Verde Ovadese esiste ed occupa un posto che quotidianamente
scopriamo essenziale nella nostra comunità, lo si deve a quello
sparuto gruppo di sognatori, che l'11 gennaio 1946, le gambe nel fango,
decisero che si poteva, che si doveva, metterle.
Giacomo
Marchelli