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Memorie dell'Accademia Urbense

AA. VV., Voci e Cose Ovadesi, Memorie dell'Accademia Urbense (prima serie) n. 5, Ovada 1970, 117 pp.

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Sul punto di licenziare questo libretto per la stampa, il Consiglio direttivo dell'Accademia Urbense si è posta la domanda: a chi dedicarlo? Ci sono venuti incontro i versi del poeta Valerio Catullo: «Cui dono lepidum novum libellum arida modo pumice expolitum? - Cornelii, tibi: namque tu solebas - meas esse aliquid putare nugas». Come l'antico poeta veronese dopo essersi domandato a chi dovesse offrire la sua raccolta di versi, la dedicò all'amico Cornelio Nepote, il quale era solito stimare qualcosa le sue piccole cose; così, l'Accademia Urbense dedica al Popolo ovadese questa sua raccolta di saggi. Infatti gli Ovadesi valutarono sempre positivamente l'attività della nostra Accademia, visitando le numerose mostre di pittura da essa promosse, seguendo con interesse le sue varie iniziative culturali. Non poteva, quindi, trovarsi una dedica più ricca di significato.
Il presente libretto vuole esprimere una viva esigenza della nostra Accademia: quella di raccogliere, attraverso la piccola collana delle sue «Memorie», una serie di testi che interpretino nella sua piena misura, il senso intimo del mondo ovadese. Di qui la giustificazione del titolo della raccolta, che vuol essere soprattutto una prova di amore per la nostra terra e per la nostra gente. Sono pagine, dunque, che raccolgono «voci», che dicono «cose», con naturalezza e con vivacità, con varietà di tono, con diseguaglianza stilistica, ma che tutte recano la presenza di una volontà di collaborazione.
Nelle pagine saporose di quell'autentica tempra di scrittore che è Marcello Venturi (un nome di rilevanza nazionale) si evidenzia, in una sintesi stupenda, un Monferrato quasi sconosciuto, colto nell'integrità dei suoi miti che rivelano la ricchezza di un folklore spirituale ancora da scoprire. Nel rapido bozzetto del Venturi, il mondo contadino e il paesaggio sono scavati nella loro vitalità lirica, attraverso la vibrazione di un linguaggio teso alla ricerca di un tono di alta poesia. Carlo Piero Pessino ci offre uno squisito saggio di poemetto in prosa i cui moduli lirico-soggettivi si articolano, attraverso una sequenza di immagini suggestive, nella trasfigurazione emblematica del paesaggio. Vi trovi le ragioni intime della poetica di questo gentile ricercatore di motivi di ispirazione in Val d'Orba. Camilla Salvago Raggi, seguendo la girandola dei suoi ricordi, ci fa rivivere un momento di quella nostra Ovada che è quasi sparita e ce ne fa sentire la nostalgia attraverso un modulo di scrittura familiare. Ettore Tarateta ha riportato agli Ovadesi don Salvi con tutto il fascino della sua personalità di educatore autentico, con la schiettezza del suo cristianesimo integrale. Ugo Sultana ha rotto il ghiaccio con vivaci ritratti, dai quali comprendi che la sua penna potrà dare di più. Fausto Bima ci fa sentire il suo amore per Ovada, documentato in non pochi e notevoli scritti. Dario Barisone anticipa qui un saggio dei suoi studi sugli antichi statuti ovadesi. Franco Resecco ci fa il dono di qualche sua poesia dialettale. Sono versi ormai collaudati dal consenso popolare, ricchi di tutte quelle caratteristiche che formano la personalità del nostro Franco. Qui trovi il poeta e il pittore che si levano ad unità di linguaggio; la vibrazione del sentimento per ciò che è ovadese è costante in Resecco: pittura e poesia fioriscono da una stessa matrice spirituale. Colombo Gajone, alle soglie dei novantadue anni, ha conservato intatta la forza di sorridere sulle piccole cose del mondo e nei suoi epigrammi sparge, a piene mani, puntuali osservazioni sulla nostra realtà con la saggezza di un antico. In Luigi Caviglione possiamo ammirare una ricerca poetica che si ispira ai grandi temi del dramma dell'uomo di sempre; in Ettore T. Lavagnino apprezziamo la delicatezza dei sentimenti, espressi in una tonalità crepuscolare; in Aldo Farina rivivono con sereno dolore alcuni momenti della Resistenza in una poesia scabra e ricca di pathos; Vincenzo Ravera ci fa sentire l'amore per quell'arte del ferro che professa con dignità e passione.
Sia accolto, dunque, questo libretto come documento di vitalità di questa Accademia, la quale non si propone programmi ambiziosi, ma desidera soltanto dimostrare che in essa confluiscono energie spirituali di qualche momento. Se poi, dalla lettura di queste pagine, qualcuno scoprisse qualche bellezza nuova della nostra terra o fosse sollecitato a ricercarne la storia, a conoscerne più a fondo fatti e figure, allora la pubblicazione che abbiamo realizzato avrebbe davvero un senso.


Emilio Costa