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È con grande piacere che l’Accademia Urbense accoglie
nella propria collana: Memorie dell’Accademia Urbense gli atti
del Convegno di studi che la Città di Ovada, con il patrocinio
della Regione Piemonte, della Provincia di Alessandria e del Consolato
Generale di Polonia a Milano, ha dedicato alla figura della cantante
Margot Kaftal, nel cinquantenario della sua morte.
Maria Olszanska, Console generale di Polonia a Milano, dà per
scontata la profondità dei rapporti da sempre esistenti fra
l’Italia e lo stato che Ella rappresenta. E, infatti, senza
dover scomodare i lunghi soggiorni a Bologna, Roma, Padova e Ferrara
che ebbe, sul finire del Quattrocento, quel Nicolò Copernico
destinato a cambiare così profondamente la concezione dell’universo,
né, per parlare di tempi a noi più vicini, quei soldati
polacchi che riposano nel cimitero di guerra, vicino a Monte Cassino,
che sono morti agli ordini del Generale Anders per liberare il nostro
Paese, e neppure il romanzo Quo vadis di H. Sienkiewicz, che abbiamo
letto da ragazzi la sua affermazione trova conferma nella storia della
nostra Comunità, perché il santo patrono di Ovada, Giacinto
da Oldrowaz, era polacco.
A dire tutta la verità di polacco, anzi, di polacchi nella
storia di Ovada ne sono entrati altri: il generale Jan Henryk Dabrowski
e i soldati della legione polacca che parteciparono, il 15 agosto
1799, battendosi con valore, alla battaglia di Novi. In diverse occasioni
occuparono il borgo per poi ritirarsi al sopraggiungere di rilevanti
forze austrorusse. Ma il fatto che si dovessero mantenere a spese
degli occupati non consentì loro di simpatizzare con la popolazione.
Mettiamo da parte queste brevi annotazioni per dire che a noi interessa
che le relazioni del convegno ci diano un quadro più preciso
dell’attività e della personalità della Kaftal,
inserendola nel contesto artistico del suo tempo e nello stesso tempo,
approfondiscano i tanti rapporti che si vennero costituendo attorno
a quel “salotto di Rosetta Costa” che ha certamente costituito,
fra gli anni trenta /cinquanta del secolo passato, un luogo deputato
per la cultura ovadese.
Un grazie, infine, merita quel ragazzone dall’aria impacciata,
di tanti anni fa, al quale era impossibile passare inosservato, che
si imbeveva di tutto quello che avveniva intorno in quel salotto incantato,
che sembrava essere l’anticamera di mondi meravigliosi di cui
la vita gli ha poi fatto perdere il percorso. Senza la sua determinazione
nel voler riandare a quei momenti felici e senza l’affettuosa
riconoscenza che ha conservato delle persone di allora, molto probabilmente,
questo convegno non ci sarebbe stato.
Bravo Bruno!
Alessandro Laguzzi
Presidente Accademia Urbense