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Memorie dell'Accademia Urbense

Aldo Farina, Poesie di un partigiano ligure 1943 - 1945, Pubblicazioni dell'Accademia Urbense ("Resistenza Viva") n. 1, Ovada 1971, 46 pp.

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Nella prima pagina del quaderno delle sue poesie, scritte durante la lotta partigiana, Aldo Farina ha riportato un'affermazione del Foscolo, che Mazzini, nel 1831, aveva posto sul frontespizio de La Giovine Italia: «Ma voi, che solitari, e perseguitati sulle antiche sciagure della nostra patria fremete, perché non raccontate alla posterità i nostri mali? Alzate la voce in nome di tutti, e dite al mondo, che siamo sfortunati, ma né ciechi, né vili... Scrivete... Perseguitate con la verità i vostri persecutori », Allora, nell'autunno del 1943, il giovane Farina trovò nelle parole foscoliane, attraverso la mediazione di Mazzini il senso vero della sua patria « tradita e vilipesa ». Quel militare, maestro di scuola, che aveva letto le poesie di Ungaretti scritte dal fronte, aveva preso la via dei monti con altri compagni. Ha compiuto il suo dovere fino in fondo, da vero italiano, nella lotta partigiana e, come tanti altri giovani. studenti e letterati, nei momenti di pausa, vergava su un piccolo quaderno le sue impressioni. Era una sua esigenza interiore, modesta e nobile. Non sognava il lauro poetico, desiderava la lihertà della sua patria e la giustizia per tutti. Ha scritto per sé. perché in quei momenti di lotta credeva nell'umanità delle lettere ; la poesia gli era companatico, sollievo e profumo.
Braccato come un lupo, sulle montagne della sua Spezia, egli si sentiva libero scrivendo. Era un modo come un altro per resistere, per non cedere alla violenza. Il ribelle «Nullo» (tale era il suo nome di battaglia), ha scritto il diario della sua passione di partigiano, dove ha saputo esprimere, con sereno dolore, quello che anche i suoi compagni di lotta avrebbero voluto dire.
Oggi, dopo venticinque anni, egli vuole ricordare coloro che sono caduti al suo fianco, per l'Italia in nome della libertà. Non potrebbe farlo in modo più degno. Ha ripreso in mano quel quadernetto, simbolo della sua fede, e vi ha ritrovato se stesso di allora. C'erano in quei versi (scritti, si potrebbe dire, spesso sul tamburo) parole ancora oggi vive e presenti. Aldo Farina, ci fa, così, dono del suo messaggio, quello che poteva darci un partigiano che credeva veramente negli ideali per cui combatteva.
Proponiamo la lettura di questi versi non tanto per quello che può essere il loro valore stilistico (di poeti in Italia non c'è carenza) ma per quello che rappresentano, per la loro presenza, per il loro contributo di testimonianza di ciò che è stato nello Zignago (La Spezia), che si addice ad ogni luogo dove si è sofferto e sperato, dove si è sparso il sangue per la libertà.

Emilio Costa