Carlo Barletti e l'Encyclopédies

(estratto da «Studi Storici» 1992, n.4)

 

 

1. La «Nuova Enciclopedia Italiana»

Il 18 dicembre 1776, Sebastiano Canterzani1, segretario perpetuo dell'Accademia del­l'Istituto delle Scienze di Bologna, scriveva a Carlo Barletti2, professore di Fisica sperimentale a Pavia, ringraziandolo per avergli inviato in dono il volume da lui appena pubblicato: Dubbi e pensieri sulla teoria degli elettrici fenomeni3. L'opera nella quale, dopo anni di convinta militanza in campo frankliniano, il Fisico monferrino respingeva la teoria di un unico fluido elettrico per adottare quella symmeriana dei due fluidi, l'uno positivo l'altro negativo. Una conversione che aveva messo a rumore il mondo degli studiosi di materie elettriche e aveva portato l'autore a scontrarsi con P. Giovan Battista Beccaria4, che egli considerava il suo maestro, e lo avevaposto centro di vivaci polemiche che, come sempre accade, ne avevano accresciuto la fama5.

La lettera, dopo i debiti ringraziamenti, proseguiva:

«Quanto mi consolo, sentendo che V.R. abbia preso sopra di sè l'impegno di stendere gli articoli spettanti all'elettricità per la Nuova Enciclopedia Italiana. Quantunque io non sia per avere che una piccolissima parte in quest'opera, pure ho preso interesse grandissimo per essa, parendomi che debba derivarne un gran lustro alla nostra Italia, quando sia lavorata da soggetti pari suoi. Mi permetta dunque che io la conforti e la preghi a persistere nella buona disposizione, in cui so che Ella è, per favorire quest'opera6

Il progetto della Nuova Enciclopedia Italiana7 di cui il bolognese scriveva, era nato, in quegli anni, nel salotto ferrarese del marchese Cristiano Bevilacqua8, meta ambita di scienziati e letterati e fervido luogo di studi. Quell'ambiente accogliente era diventato l'approdo anche per diversi ex gesuiti che dopo lo scioglimento dell'ordine avevano costituito in Ferrara una presenza nutrita. Fra questi l'abate Alessandro Zorzi9, che aveva assunto nella casa il compito di educatore dei nipoti del patrizio.

Lo Zorzi, nato a Venezia, nel 1747, da famiglia non nobile, era entrato giovinetto nella Compagnia di Gesù, terminati gli studi, era stato inviato, quale insegnante di retorica, a Piacenza e sucessivamente a Parma, dove si era rivelato giovane di grande intelletto, studioso infaticabile, curioso delle materie scientifiche, con interessi letterari vivissimi e approfonditi, doti che, alla soppressione dell'Ordine, l'avevano fatto prescegliere dal Marchese per quel compito delicato. Era lui che in quell'ambiente stimolante, ricco di personalità di spicco, ricordiamo lo Ximenes, l'Andrés, il Malfatti e il giovane Monti, a soli ventotto anni, influenzato dalle fortune che l'Encyclopédie aveva raggiunto anche nella Penisola, memore del richiamo alle passate glorie del nostro Paese10, che D'Alembert aveva inserito nel suo Discours préliminaire, aveva approntato un programma che, pur ispirandosi palesemente al modello francese, era però pensato «per l'uso degli italiani».

Scriveva infatti al Tiraboschi, nell'estate del 1775, dando così il via ad un disegno che si sarebbe rivelato il più lucido «sforzo di inserimento», secondo la definizione data dal Bada­loni11, operato, in quel periodo, dalla cultura cattolica:

«La risoluzione è già presa. I soggetti convenuti pressoché bastanti per tutto il lavoro. L'idea, di aggiungere troncare tradurre infondere correggere confutare etc. secondo il bisogno ciascun articolo dell'Enciclopedia di Parigi»12

Iniziava con quella lettera un'opera di mobilitazione che avrebbe riunito intorno al progetto il fior fiore degli studiosi italiani ed in particolare i figli di quella Padania che fu terreno fra i più fertili dei semi illuministici: oltre al già ricordato Tiraboschi, il Vannetti, Lazzaro Spal­lanzani, Paolo Frisi, Giuseppe Lagrange, Anton Mario Lorgna, Gregorio Fontana, Giuseppe Toaldo, Giam­battista Beccaria, Leopoldo Marcantonio Caldani, Saverio Bettinelli, Ludovico Montestefani, Giovanni Aldini, il conte Angelo Saluzzo di Monesiglio, Gianfrancesco Malfatti, Marco Cornaro, il musicologo bolognese Padre Martini, Giambattista Biffi13. Per dare metodo e concretezza ai molti contatti epistolari stabiliti, l'Abate Alessandro aveva poi fatto stampare, in quell'anno, il Prospetto di una Nuova Enciclopedia Italiana14 che non aveva reso pubblico, ma inviato solo ai possibili collaboratori per chiarire le motivazioni di fondo dell'iniziativa e fornire un primo modello di schema al quale potessero rifarsi nella stesura delle voci a loro affidate, sicché presto potè contare sulla disponibilità per l'impresa della quasi totalità del Gotha scientifico italiano. Ai già menzionati si aggiunsero infatti: Sebastiano Can­terzani, Domenico Cotugno, Bonaventura Corti, Giordano Riccati, Luigi Targioni. Alla fine, anche coloro che più direttamente erano impegnati nel moto riformatore: Agostino Paradisi15 e Pietro Verri, sebbene quest'ultimo con diverse remore16, accettarono di essere della partita e di condividere, con i precedenti, l'idea di fondo dello Zorzi che l'opera dovesse

«abbracciare e restringere in sé solo quanto v'ha di più degno a sapersi in tutte le scienze e in tutte le arti; e tutto ciò disporre con tal ordine, che sia serbato per l'una parte il comodo schieramento delle voci secondo il capriccio dell'alfabeto, e sia indicata per l'altra la naturale concatenazione delle cose secondo i lumi della filosofia»17.

Sicché egli, forte di queste adesioni che spaziavano dall'arte alla matematica, dalla letteratura alla fisica, dalla musica all'economia politica, dall'antiquaria alle scienze naturali e alla tecnica, non nascondeva di essere convinto: «che nello stato in cui erano al presente le arti e le scienze potesse comporsi una Enciclopedia tanto migliore di quella di Parigi, quanto quella di Parigi era migliore dell'Inglese»18.

Questa fiducia, che potrebbe sembrare temeraria, e che, come vedremo, aveva animato anche l'opera di altri editori, non ci deve stupire. Maria Grazia Spallanzani, afferma che tale convinzione: «più che ad una rivendicazione di carattere nazionale, ci pare connessa ad una fiducia tipicamente settecentesca, nel progresso indefettibile della scienza che, col tempo, supera necessariamente se stessa nella conquista di nuove verità, ed alla consapevolezza dell'alta qualità, oltre che della grande quantità, degli studi degli scienziati operanti nei vari stati d'Italia»19.

Contribuivano inoltre, a nostro avviso, a rafforzare questa valutazione i numerosi giudizzi dei contemporanei sull'Encyclopédie che non ne nascondevano i limiti. Caterina II la definiva «un source inépuisable d'ex­cellentes choses, où cependant il y a par ci par là de grandes inexac titudes», e lo stesso D'Alembert si riferiva all'opera come ad un vestito d'arlecchino con pezze di buona qualità inframezzate a troppi stracci, opinioni analoghe esprimeva Voltaire20. Queste valutazioni spingevano lo stesso Diderot ad auspicarne una seconda edizione riveduta e corretta, o quanto meno una serie di aggiunte: il Supplement21 che colmassero le lacune più vistose e ovviassero agli errori più marchiani. Ed essendo proprio questo il caso di molti degli argomenti riguardanti l'Italia - si pensi ad esempio a Palermo: descritta come città distrutta da un terremoto o Dante Alligieri (sic) trattato alla voce Firenze e liquidato in due righe22 - il possibile primato dell'Enciclopedia Italiana nei confronti della francese sembrava più facilmente realizzabile. Insomma, la persuasione espressa dallo Zorzi nel Prodromo che

«A questo <risultato> condurrà ora il volgarizzare semplicemente l'articolo, ora il restrin­gerlo, ora l'ampliarlo, ora il dividerlo, ora il correggerlo, ora il rimpastarlo interamente, e diciamo pure il rifonderlo: e spesso molti dovranno omettersi affatto, molti aggiungersi tutti di nuovo»23

doveva sembrare ai contemporanei tutt'altro che assurda.

Anzi, i molti, che avvertivano l'esigenza di un rinnovamento culturale e letterario del Paese, pur individuandone l'ambiguità, si sentivano attratti da un progetto che prometteva di conciliare i lumi della filosofia con l'insegnamento dell'«incorrotta fede cattolica», di far coe­sistere un nuovo linguaggio tecnico e scientifico, che l'Italia non aveva mai avuto, con la debita attenzione al patrimonio del passato, alla storia degli stati, alle arti, alle tradizioni, insomma a tutto ciò che in quegli anni alimentava un sentimento nuovo e vigoroso che Franco Venturi definisce "patriottismo locale"24, fondendo il tutto in un opera che fosse: «dunque Italiana e per la lingua, in cui essa sarà scritta, e per l'uso degli Italiani, al quale singolarmente essa mirerà»25.

Il Canterzani divenne, come la lettera al Barletti rivela, fra i fautori più entusiasti dell'opera e l'Abate veneziano trovandolo così ben disposto lo incaricò di coordinare la Classe Mate­matica; lo Studioso bolognese, successivamente, non riuscendogli soddisfacente il piano elabo­rato dall'Aldrovandi per la Classe Fisica, si assunse l'onere di riformulare anche quest'ultimo e, a quanto pare, pure quello di procurare l'adesione di nuovi redattori26.

Per le voci riguardanti l'elettricità eccolo quindi rivolgersi al Barletti la conoscenza personale del quale risaliva ad un viaggio "letterario" - così erano allora chiamati i viaggi di istruzione - che quest'ultimo aveva fatto nell'estate del 1773 attraverso l'Emilia e la Toscana. L'incontro era stato cordiale e ne era nata una reciproca stima, che aveva salvato il Canterzani e il Matteucci «I due soli che pensino di proposito e con gusto alle cose fisiche in quella Uni­versità»27 dai pesanti giudizi negativi di Padre Carlo sulle università emiliane dove si regi­stravano, a suo dire, «assai tenui progressi nella Fisica»28.

La scelta del Canterzani è indice della grande considerazione di cui godeva, in quel momento, negli ambienti scientifici il Fisico di Rocca Grimalda. Opinione, la nostra, con­fortata dal fatto che fra coloro che si erano dichiarati disponibili a collaborare all'Enciclopedia Italiana figurava anche P. Giambattista Beccaria la cui fama di studioso di elettricità era uni­versale29.

É facile immaginare che il Barletti, a Pavia, fosse già stato informato del progetto dagli amici e colleghi Spallanzani e Gregorio Fontana30 che erano stati coinvolti nell'impresa fra i primi, ma per il momento non volle impegnarsi. Rispose infatti, a distanza di mesi, il 19 febbraio 1777:

«Avrei come di dovere immediatamente risposto al pregiat.mo foglio di V.S.Ill.ma del 18 del passato Xbre, se non si fosse trattato che di ringraziarla della favorevole occhiata che Ella ha voluto donare ai miei dubbj e pensieri sull'elettrica teoria. Ma siccome il più importante capo riguardava l'impegnarmi negli articoli di elettricità, per la nuova Enciclopedia Italiana; ho dovuto differire fino a quest'ora per potere nelle prossime passate ferie del Carnevalone raccogliere in Milano qualche più preziosa notizia di tale Enciclopedia che io fino a questo punto aveva riguardata come un'idea molto distante dalla realtà. Sembrandomi ora che seriamente vi si pensi, e mosso principalmente dal­l'esempio e dalle persuasioni di V.S.Ill.ma io non mi ritiro da tale impegno, ben inteso che sia a tempo avvertito, ed assicurato di qualche corrispondente ricognizione. Un travaglio non tenue e da finirsi in termine prescritto non può sostenersi dal solo stimolo di concorrere alla gloria d'Italia.»31

Come si vede una risposta tutt'altro che entusiastica che deve attribuirsi, a nostro avviso, al­la consistente presenza fra i redattori di ex gesuiti, ai quali erano state affidate le voci di carat­tere teologico. Tali presenze, se facevano affermare all'abate veneziano «Or noi possiamo assicurare chicchessia, che (...) leveremo scrupolosamente ogni parola, ogni sentimento che possa offendere la più dilicata pietà»32, certo non potevano non essere guardate con fondato sospetto da un ambiente come quello pavese così impregnato di spirito giansenista33 e sollevare giustificati timori e perplessità in chi, sino a poco tempo prima, aveva avuto "la Compagnia" strenua avversaria nella diffusione dei lumi. Sicché a Milano si ebbe la defezione del Frisi; a Firenze i principali collaboratori si ritirarono, salvo poi rientrare quando il Granduca prese a proteggere il progetto; a Padova: «i Professori e il Caldani singolarmente [sospettavano] che la nuova Enciclopedia [fosse] il parto di ex gesuiti a cui non vorrebbon dar mano» come lo stesso Zorzi scrive al Tiraboschi34.

Ma all'inizio di aprile il Canterzani è in grado di rispondere non solo alle obiezioni for­mulate ma anche di fugare i timori inespressi:

«Ecco le precise parole della lettera che egli <lo Zorzi> mi scrisse un mese fa «Ella può rispondere al Padre Barletti, che Egli può incominciare quando vuole: che se mai Egli avesse qualche cosa di pronto pel saggio potrebbe spedirla subito; e che quanto alla ricognizione tutto il guadagno della stampa, che non sarà indifferente, sarà giustamente diviso fra gli autori in proporzione della loro fatica». Prenda dunque V.R. le sue misure da questa risposta e si assicuri, che sarà di molto gradimento tanto dal Sig.Ab.Zorzi, che è l'editore dell'enciclopedia, quanto dei soggetti, che travagliano in quest'opera se vorrà prestare la sua mano; essendo tutti sicuri, che gli articoli da lei somministrati contribuiranno al maggior lustro e preggio dell'opera. - poi aggiunge, sapendo di giocare una carta decisiva - Sento da una lettera inviatami ieri dal medesimo Sig. Ab. Zorzi che la nuova enciclopedia avrà il favore dei due Principi, l'Arciduca di Milano, e il Granduca di Toscana. Sento ancora, che quanto prima andrà sotto torchio il saggio che si accenna nel paragrafo, che di sopra ho trascritto. Conterrà questo saggio i piani delle materie appartenenti alle diverse facoltà, e ancora qualche articolo per ciascuna facoltà. Se Ella risolve, sento il desiderio di tutti in favore dell'opera, può mandar addirittura gli articoli al Sig. Ab. Alessandro Zorzi a Ferrara e intendersela seco in tutto e per tutto.»35

Il Barletti veniva così informato che lo Zorzi aveva risolto brillantemente il problema della «dedica», ovvero di un protettore dell'opera che accettando la dedica a lui rivolta assumesse la parte del mecenate. Non che il marchese Bevilacqua non fosse disposto a sobbarcarsi tutti gli oneri e gli impegni dell'Edizione36, ma certo questo non sarebbe bastato a fugare i sospetti che pesavano sull'opera e di questo lo Zorzi era ben conscio37. Il patrocinio accordato dal Granduca di Toscana, che accettava, in quel 1777, la dedica facendola estendere anche al fratello Fer­dinando, Arciduca d'Austria, venendo da un principe «illuminato», oltre a garantire il neces­sario sostegno economico, rassicurava sia gli autori che il pubblico sull'impostazione ideologica dell'opera.

Dopo questa risposta, le obiezioni di Padre Carlo risultano spuntate ma, egli, forse non del tutto convinto, sembra, dapprima, rimanere in attesa della conferma dei fatti:

«Starò a vedere il saggio che promette il Sig.Ab.Zorzi per fare l'ultima deliberazione di concorrere all'Italiana Enciclopedia; al che per altro mi muove sopra ogni altra cosa e il consiglio, e l'esempio di V.S.Ill.ma per cui io conservo altissima stima, e la più viva riconoscenza. Non so ancora bene persuadermi, come senza la decisa ed efficace protezione di qualche Principe, ovvero senza la società di forti capitalisti possa intraprendersi e condursi a buon termine l'intrapresa grande di un Enciclopedia che possa competere con le straniere. - sente poi il bisogno di aggiungere, riservando al suo interlocutore e a noi una autentica sorpresa - Abbiamo già ricevuto 3 volumi de Supplementi di Parigi38, fatti da uomini celebri e per lo più con maggiore diligenza della prima opera.

Ho trovato in detti supplementi prescelti alcuni articoli che io per divertimento aveva mandato al professore De Felice per la sua enciclopedia di Yverdon. Sono questi segnati con le lettere (P.B.) ed ho riscontrati interi due «cervo volante» e «conduttore del fulmine»39. L'articolo «Elettricità» è pure mio, ma l'editore di Yverdon ha stimato bene di porvi in fine un'altra lettera (J) non so se per errore o per colpo di mano di quello che è segnato con tale lettera, a cui è appoggiata la parte fisica e ritoccava la dicitura francese anche dei miei articoli. Per riconoscere però che è mio basta dare un'occhiata al mio saggio primo di fisica che è l'originale latino stampato prima del tomo d'Yverdon40.

Pare, a questo punto, che Padre Carlo abbia accantonato ogni riluttanza a partecipare all'im­presa, e che le ultime affermazioni, sebbene fatte in tono dimesso, quasi non curante, mirino a riconfermare nell'interlocutore la convinzione che il valore della partecipazione accordata ha giustificato pienamente le tante insistenze.

Proprio in questo senso sembra intendere il Canterzani, che, infatti, nel ribadire la pro­te­zione accordata dal Granduca di Toscana e dall'Arciduca di Milano, risponde ai primi di ago­sto:

«Sono ben lieto che ella prenda impegno per l'Enciclopedia Italiana la quale diventerà sempre più pregevole ed interessante e onorerà la nazione per gli articoli, che Ella somministrerà. Parteciperò al Sig. Ab. Zorzi la sua ottima disposizione e son certo che ne esulterà. Lo farò ancora consa pevole del ruolo che ella ha contribuito all'Enciclopedia d'Yverdun e dell'uso che hanno fatto dei suoi articoli i francesi nei due tomi dei sup plementi, che hanno dati, e nei quali ho già letto io stesso quegli articoli medesimi con particolare mia soddisfazione»41.

A questa lettera fa seguito, nel carteggio fra i due studiosi, un silenzio lungo più di due anni durante il quale il Monferrino venne a trovarsi in pericolo di vita per i disturbi che gli provocavano le scariche elettriche assorbite durante i suoi studi sperimentali:

Si immagini V.S. Ill.ma di vedere i caratteri di un resuscitato che tale posso dirmi io dopo la terribile malattia di due anni non ancora passati. Il cimento di morte fu effetto dell'eccessivo uso di elettriche esperienze. Il taumaturgo a cui devo la resurrezione è il dott. Borsieri...»42

Con queste parole il Barletti riapriva, sul finire del 1779, il carteggio con lo Scienziato bolognese; in quell'arco di tempo si era purtroppo compiuta anche la breve parabola della Nuova Enciclopedia Italiana che aveva visto in quello stesso anno la pubblicazione del Prodromo della Nuova Enciclopedia Italiana43 e la morte del suo ideatore che ne compro­metteva ogni futuro sviluppo.

Ne era ben conscio lo stesso Canterzani:

«Dell'Enciclopedia Italiana di cui tempo fa le scrissi saprà già che non se nè fara altro, perchè l'editore è già morto e niuno sa investirsi di quel ardore per una tal opera di cui era già penetrato egli talmente che non sapeva riconoscere difficoltà in un'impresa che per altro a tanti sembrava difficilissima.»44

Al mondo culturale italiano non rimaneva così che deprecare il fallimento di un evento che tanto avrebbe potuto significare per il suo rinnovamento, scriveva sul «Giornale de' Letterati d'Italia» Giambattista Venturi recensendo il Prodromo:

«É Egli dunque destino dell'infelice italia, che tutte le più grandi opere in essa ideate, le quali potrebbon renderne sempre più celebre e glorioso il nome, quali per una, quali per altra sventura si veggano a pericolo di venir meno e di esser quasi nel loro nascer ridotte al nulla?»45.

 

2. L'Encyclopédie di Yverdon di Ferdinando Bartolomeo De Felice.

Se il progetto dell'Enciclopedia Italiana era abortito sul nascere, fortuna ben diversa era stata riservata ad un'analoga iniziativa intrapresa, alla fine degli anni sessanta, in Svizzera, ad Yverdon, dall'italiano Ferdinando Bartolomeo De Felice46. Il De Felice, nato a Roma, giovanissimo aveva ricoperto la cattedra di filosofia dell'Università di Napoli insegnando le dottrine di Leibnitz e Newton. In seguito, secondo il Gorani47, a causa di un suo legame sen­timentale, aveva gettato l'abito talare e attraversato diverse disavventure finendo da ultimo prigioniero in un carcere ecclesiastico. Era poi fuggito trovando rifugio e aiuti nella vicina Confederazione, a Berna presso il grande fisiologo Albert von Haller. Successivamente, dopo aveva abiurato la fede cattolica, era stato accolto dalla società del luogo trovandovi moglie, si era poi stabilito ad Yverdon, nel cantone di Neuchatel, dove aveva fondato un'impresa editoriale che era diventata ben presto una delle più importanti dell'intera nazione elvetica. Come editore e pubblicista, in quegli anni, aveva svolto una preziosa funzione di raccordo fra la cultura italiana e quella dei Paesi del Nord48. Va ricordata, in particolare, la pubblicazione dell'«Estratto della Letteratura Europea»49, un giornale che, rappresentando il più importante veicolo per la penetrazione in Italia dei principali dibattiti europei, finì per influenzare notevolmente gli illuministi milanesi e grazie al quale «gli uomini che prima erano romani, fiorentini, genovesi o lombardi ora erano presso a poco Europei», come scriverà il «Caffè» nel suo primo numero50. Debito questo riconosciuto dal Verri che operò per trasportarne la pubblicazione a Milano, dove venne affidata allo stampatore Galeazzi51.

La molla che spinge il De Felice a misurarsi con la pubblicazione parigina è certamente la straordinaria fortuna dell'opera presso i lettori accompagnata da un eguale successo economico che, come documenta il Darton, mentre porta gli stessi editori parigini a progettare una ristampa da completarsi con alcuni volumi di supplementi, sollecita la nascita di edizioni pirata, come quelle di Lucca e di Livorno52. E tuttavia non ci sembra del tutto estraneo a questa iniziativa il sincero convincimento, che anima l'editore, che la cultura sia un bene universale da diffondere: «les bons livres appartinnent non aux libraires, mais à l'humanité, qui demande d'ètre éclairée et formé à la vertu ... Les imprimeurs ou libraires ne sont que les intermédiaires de cet ouvrage salutaire»53

Uniti a questi motivi, sta anche il desiderio di contrastare il materialismo, l'irreligiosità e l'ateismo di cui sono intessute le voci di carattere filosofico dell'opera parigina che così profon­damente offendono i convincimenti religiosi del De Felice. Caratteristica della pubblicazione di Yverdon sarà pertanto l'attacco, talvolta veemente, contro quello che viene chiamato «l'orgueil philosophique»54 che viene accusato di voler sostituire la fede con ridicole e arti­ficiose costruzioni del pensiero. Pericolo questo che non corre la scienza che è frutto del­l'esperienza e della quale, viceversa, all'unisono con la rivale edizione parigina, si rivendica l'emancipazione dai dogmi e dal fanatismo, insomma l'opera è pervasa da quella cultura e da quell'ideologia che Margaret Candeed Jacob ha individuato come uno dei più importanti fattori del progresso occidentale55.

Il 14 febbraio 1768 la «Gazzette de Leide» pubblica il manifesto annunciante la reim­pressione dell'Encyclopédie «entièrement revue et très considérablement corrigée, ameliorée et augmentée d'un bon tiers sous la direction de M. le Professeur F.B. de Felice, èditeur a Yverdon en Suisse.»56. Come si vede, l'opera non nasconde le sue origini:

«Nous ne le dissimulerons point; nous avons les plus grandes obligations aux célèbres auteurs de cet ouvrage. Non seulement nous en avons conservé en entier un très grand nombre de morceaux prècieux; mais encore, et nous nous faisons gloire de le dire, cette Encyclopédie a servì de base à la notre»57 -ma l'intento del Curatore non è solo quello di migliorare l'originale ma, addiritura, di fare un- «ouvrage entièrement nouveau. - perchè, come aggiunge, con notevole presunzione, in una lettera ad Haller - L'Encyclopédie de Paris ne me sert que comme tant d'autres ouvrages, dont je tire ce que je trouve passable encore et digne de reparaitre tel quel: ce qui se réduira à bien peu de chose; car je doute beaucoup que, de 17 volumes in-folio l'on en tire deux en entier»58.

Sin dall'inizio, la sottoscrizione, che può avvantaggiarsi del sequestro dei primi tre volumi della seconda edizione parigina promossa nello stesso anno dal Panckoucke, trova, sebbene venga tenacemente avversata sia dagli enciclopedisti che dall'editore francese, un suo pubblico. Lo stesso Voltaire scende in campo per contrastare il De Felice che definisce:

«C'est un polisson, plus imposteur encore qu'apostat, qui demeure dans un cloaque du Pais de Vaud. Ce fripon, qui a eté prète autrefois, et qui en étoit digne, qui ne siat le français ni l'italien, pretend qu'il a 4000 souscriptions et il n'en a pas une seule - aggiungendo poco dopo - J'ai peur que la librairie ne soit devenue un brigandage;»59.

Ma, a dispetto di quest'azione volta a screditarlo, il successo sembra arridere all'editore, e a malincuore Grimm, Diderot, d'Alembert devono ammetterlo: «Personne ne la lit, déclare D'Alembert, mais on l'achète»60.

Non mancano però le difficoltà, infatti il De Felice incontra, fra i collaboratori di spicco che aveva ipotizzato: Tissot, Bernoulli, Bonnet rifiuti inaspettati61. Lo stesso grande fisiologo bernese, Albert Von Haller, che in seguito contribuirà con la redazione di numerose voci alla fortuna dell'opera, inizialmente, legato contrattualmente agli editori parigini, rifiuta di collaborare. Anche gli illuministi lombardi, in particolare il Beccaria, che l'editore di Yverdon ha cercato di coinvolgere, non aderiscono62. E' probabile che in questa sua ricerca di collaboratori italiani, oltre ai contatti personali, Egli si sia servito anche del Galeazzi, editore milanese suo corrispondente. Proprio presso quest'ultimo il Barletti, in quegli anni, stava pubblicando le sue opere sull'elettricità e l'uscita di Nuove Sperienze Elettriche secondo la teoria del Sig. Franklin e le produzioni del P. Beccaria63, avvenuta nei primi mesi del 1771, opera che destò vasta eco nel mondo scientifico, finì certo per attirare l'attenzione dell'Editore di Yverdon.

Sicché, il De Felice, benché nel frattempo avesse trovato in Samuel-Rodolphe Jeanneret di Neuchàtel, uno dei più promettenti allievi di Daniel Bernoulli, ottimo incisore -a lui si devono le superbe incisioni delle tavole dell'Encyclopédie di Yverdon- il curatore delle voci riguardanti la Fisica, contattò Padre Carlo per affidargli le voci riguardanti i fenomeni elettrici. E questo, noi crediamo, sia per avvalersi della collaborazione di un nuovo e promettente autore, il cui nome si stava rapidamente affermando anche in Europa64, sia perché lo Svizzero, come si può dedurre da uno scritto di Jaques III Bernoulli, sembra si interessasse soprattutto di meccanica:

«Mr. Sam. Rod. Jeanneret, un de nos anciens compagnons d'etudes en mathématiques et auquel l'Encyclopédie d'Yverdon doit de très bons articles de Physique, de Méchanique, de Mathématique ect. Mr. De Felice ne puvoit rencontrer mieux. Mr Jeanneret entend très-bien les matières qu'il a traitées; il est très bon méchanicien et s'amuse pareillement du dessin et de la peinture, avec beaucoup de talens pour cet art,»65.

Dobbiamo quindi immaginare che l'assenso del Barletti giungesse all'editore estremamente gradito. D'altro canto, il Fisico di Rocca Grimalda non poteva non essere lusingato dalla par­tecipazione ad una impresa della quale «La Gazzetta Letteraria» di Milano scriveva al suo esordio:

«Bramando noi di aprire il nostro giornale coll'annunciare qualche opera grande e interessante, abbiamo creduto di dover ciò fare coll'avviso della seguente opera, che renderà perenne la fama della nazione svizzera, ov ella si stampa, degli autori di ogni paese che vi concorrono, e dell'Italia a cui appartiene per nascita il sig. professor De Felice, che regge particolarmente quest'impresa immortale»66.

Giudizio encomiastico che la pubblicazione dei primi volumi veniva man mano confer­mando. Il Dutens, l'editore delle opere del Leibnitz, nel maggio del 1771, in una lettera com­parsa su la «Gazzette de la Haye», nell'occuparsi delle varie edizioni dell'Encyclopédie, finiva col tessere le lodi dell'edizione di Yverdon; il Panckoucke e i suoi soci replicavano sulle colonne del «Journal encyclopédique»67, da loro controllato, con un articolo denigratorio zeppo di commenti malevoli. Ma, in seguito, nel dibattito che si sviluppò sull'argomento, i commenti positivi finirono per prevalere, indice che la pubblicazione andava affermandosi. Anche alcuni dei più importanti collaboratori del De Felice, all'inizio dubbiosi, mutarono opinione, scriveva in proposito Elia Bertrand a Ostervald: «Je commence à croire quelle rèussira»68, pure il Bonnet, che aveva addirittura condotto nel suo: Notice raisonnée de divers articles de l'Encyclopédie de Yverdon69 un esame sistematico dell'opera, in uno scritto ad Haller confer­mava sia pure con alcune critiche: «Je viens de lire vingt-cinq articles de divers genres de l'Encyclopédie d'Yverdon. Si je juge, par ces articles, de la façon du travail, je la prefer à celle de Paris»70 giudizio che avrebbe riconfermato anche successivamente.

É bene precisare che, a dispetto della recisa affermazione dell'editore che il lavoro sarebbe stato entièrement nouveau, moltissimi sono i prestiti dell'opera parigina. In particolare, in campo Fisico - Matematico, visti gli ottimi articoli redatti dal D'Alembert che li aveva tratti da memorie sue o di Eulero, di Cramer e dei Bernoulli, poche sono le voci nuove o rimaneggiate. Fra queste sono particolarmente numerose quelle di carattere elettrico per la profonda revisione teorica che il settore aveva subito nell'arco di pochi anni; ed è qui che opera il Barletti.

Se Nuove Sperienze.... è opera di ricerca, che nulla concede alla didattica «in quanto alla teoria [l'autore] ha stimato meglio di guidare il lettore a dedurla da se medesimo dalla serie e dalla combinazione de' fatti, che di opprimerlo con noiose proposizioni e divisioni»71, il volume che Padre Carlo stava preparando e che pubblicherà sul finire del 1772: Physica Specimina72 ha ben altro impianto. L'opera si distingue dalla prima per l'impostazione scoper­tamente pedagogica e per l'uso della lingua latina finalizzata a universalizzarne la compren­sione.

É dalle bozze di quest'ultimo volume che Padre Carlo trae il materiale per le voci che, tradotte in francese, verranno pubblicate sull'Enciclopedia elvetica.

Il primo articolo da lui siglato P.B. (Pére Barletti) è contenuto nel tomo VIII, pubblicato nel novembre del 1771, si tratta della voce Cerf-Volant, che è contrassegnata dal simbolo (N), il simbolo che l'editore ha premesso alle voci totalmente nuove rispetto all'Encyclopédie parigina. Dopo una introduzione di carattere generale curata dal Jeanneret, il Fisico di Rocca Grimalda svolge il paragrafo intitolato Usage du cerf-volant dans la Physique73. Padre Carlo introduce l'argomento illustrando la teoria frankliniana sull'elettricità atmosferica e sul come attraverso la sbarra elettrica, ovvero il parafulmine, essa sia stata provata, poichè «Ainsi un cerf-volant n'est, comme l'on voit, qu'une barre de Francklin, mobile». In pratica la voce ricomparirà, questa volta in latino, come articolo V° di Physica Specimina con il titolo: Cervus volans, sive de Atmosfaerae electricitate74. Di questo articolo scriveva il «Giornale de' Letterati» di Pisa attestandone la validità:

«Il Barletti ha per tutto nuove osservazioni, e analisi più precise, e raccoglie poi da padrone della materia in un sol punto di vista ciocché relativamente a ciascheduno si trova negli Autori di maggior nome. Con questa nobile mistura adunque di proprio, e di altrui ci fa vedere (...) la famosa scoperta della verga di Franklin per osservare l'elettricismo atmosferico, e l'estensione di essa al cervo volante. Descrive l'uso e la costruzione del medesimo, e come l'uno, e l'altra siasi perfezionata coll'arcolajo, e la lanterna elettrica, e co' razzi parimenti elettrici: compendia in pochi paragrafi ciocchè danno fin quì le osservazioni atmosferiche, e le conseguenze che ne dipendono; avverte il loro scarso numero, e i loro difetti, e pone il compimento a questo breve trattato con importanti avvisi sulla sicurezza, e perfezione delle medesime.»75

Sempre firmate dal Barletti sono poi le voci Conducteur e Conducteur de la foudre76 del tomo X°, pubblicato nel febbraio del '72. Se per la prima si deve parlare solo di un aggiornamento rispetto alla voce precedente77, la seconda risulta totalmente nuova. Questo scritto, come il precedente, andrà poi a formare un articolo della Physica barlettiana, il VI°: Fulminum conductor78. Lasciamo quindi ancora il commento all'autorevole giornale pisano:

«[L'autore] colla ragione alla mano, e coll'istoria di tutti i fulmini de quali si hanno osservazioni precise dimostra la bontà e l'efficacia del metodo Frankliniano per difender gli edifizj dal loro furore. Si ride egualmente della stravaganza di chi pretenderebbe con un tal metodo di disarmar l'atmosfera di tutto il suo fuoco e di chi ha timore di armare con esso un edificio. Raffrenando dunque l'ardir dei primi, e animando la pusillanimità de' secondi richiama gli uni, e gli altri alla difesa delle proprie abitazioni. Propone a migliri regole per bene eseguirla, adattando poi queste con nuove cautele alla difesa dei magazzini delle polveri, e delle navi; e poiché contro questa parte ancora delle dottrine Frankliniane con egual leggerezza contro l'altre aveva inveito il Traduttore Francese dell'Istoria del Prysestley (sic) nelle sue note, la conferma e la spiega più diffusamente, confutando con agevolezza un'Autore, che scrive con meno coraggio, che intelligenza.»79

E giungiamo all'articolo Electricité80 che il Barletti, come abbiamo visto, rivendica come suo sebbene sia siglato J[eanneret]. Affiancata da una (R), indice che dell'ampio rimaneg­giamento subito, la voce compare nel tomo XV°, pubblicato nel settembre del '72. Se si segue il consiglio del Fisico di Rocca Grimalda, di confrontare fra di loro la parte iniziale della voce con l'articolo primo di Physica Specimina: Aelectricae Historiae Specimen81, la perfetta eguaglianza fra i due testi si evidenzia. Né a spigare una tale similitudine pare possa bastare il fatto di essere entrambi chiaramente ispirati dall'opera del Priestley The History and the Present State of Electricity82 pubblicato a Londra nel 1767. Le parti coincidenti non si limi­tano, per altro, all'inizio dell'articolo ma proseguono per l'intero scritto trattando argomenti che, nel volume edito da Padre Carlo formeranno l'articolo secondo: Electricae theoriae principia83. Fra questi compare anche la descrizione della macchina generatrice di cariche elettriche progettata dal Barletti e già comparsa nel volume precedente: Nuove sperienze...84. Inoltre, l'impostazione dell'intero articolo segue puntualmente il metodo seguito dal Fisico monferrino in altri suoi scritti, infatti l'Autore della voce dell'Encyclopédie svizzera esaminata, dopo aver enunciata la teoria di Franklin, rifiuta di racchiudere in un'unico schema le numerose acquisizioni, che le osservazioni scientifiche sperimentali di tanti studiosi vanno fornendo, e si limita, come è costume di Padre Carlo, ad elencare le risultanze lasciando al lettore trarre le conseguenze. Il confronto fra i due testi avvalora, quindi, pienamente le affermazioni del nostro Autore, l'articolo Electricité è sicuramente il suo.

Stabilita la veridicità dell'affermazione del Fisico monferrino che collaborerà ancora con le voci Electricité medicale85 e Etoille tombante86, che è l'ultimo articolo da lui siglato, all'enciclopedia svizzera, e ricordato che alla voce Électrometre viene descritto l'Électro­metre du pére Barletti87, il cui disegno comparirà in fig. 111 delle tavole illustrative di Fisi­ca, rimane da spiegare per quali motivi la collaborazione del Barletti con l'Editore di Yverdon venne interrotta.

É vero che, nel settembre del 1772, Padre Carlo aveva ricevuto la nomina da parte del Firmian, Governatore della Lombardia austriaca, a ricoprire la cattedra di Fisica Sperimentale presso l'Ateneo pavese, ma i nuovi pressanti impegni: «le giornali lezioni pubbliche; la pro­lusione; l'ordine e direzione per nuove macchine ai due Religiosi Cappuccini Macchinisti; la descrizione e disposizione delle antiche macchine e finalmente le pubbliche dimostrazioni sperimentali»88, non sembrano essere, da soli, una causa sufficiente a giustificare l'abbandono di un'opera che stava affermandosi internazionalmente.

Questo causa va, a nostro avviso, individuata proprio fra i motivi che stavano contribuendo al successo della pubblicazione, nel mondo protestante. Infatti, il De Felice e i suoi collabo­ratori, tutti appartenenti alle chiese riformate, se da un lato difendevano la fede e la moralità, dall'altro, più liberi in questo campo dei redattori parigini, non soltanto non risparmiavano nei loro articoli una critica serrata alle degenerazioni della Chiesa Romana, accusata di oscuran­tismo, intolleranza e superstizione, ma facevano oggetto dei loro attacchi la stessa dottrina cattolica89 sicché il «Journal encyclopédique» poteva affermare senza essere smentito riferen­dosi all'opera di Yverdon: «En matiére de religion on s'eloigne de l'impartialité des premiers encyclopedistes pour faire pencher la balance en faveur des opinions prépondérantes en Suis­se»90.

É in questi due motivi: l'impegno scolastico, ma soprattutto l'ispirazione, ad ogni volume, più scopertamente ostile alla Chiesa Romana, causa non ultima della scarsa diffusione che l'opera ebbe in Italia e nei paesi cattolici, che ci sembra di poter individuare le ragioni che portarono all'interruzione della collaborazione del Barletti all'Encyclopédie di Yverdon.

Quanto detto spiegherebbe il motivo che spinge Padre Carlo, nella lettera del giugno del '77, a non enfatizzare la sua partecipazione ad un'opera che pure, come abbiamo visto, ebbe estimatori famosi, mentre egli, con snobbismo di letterato, la dice avvenuta per divertimento, e a non rivendicare la paternità di larga parte del contenuto delle voci di carattere elettrico che pure sembrano appartenergli e che, viceversa, figurano siglate con grande disinvoltura dallo Jeanneret91.

 

3. Il Supplement del Robinet all'Encyclopédie.

Ben diverso è l'atteggiamento del Barletti nel vedere prescelti i propri articoli per il Supplement del Robinet, che il mondo letterario considerava il naturale complemento all'Ency­clopédie di Diderot e D'Alembert, rispetto al quale le remore ricordate non avevano motivo di esistere.

Per comprendere le ragioni e le circostanze, che avevano portato all'inaspettato travaso delle voci redatte da Padre Carlo sulla nuova pubblicazione, conviene fare un passo in dietro. Il 12 aprile 1771 Charles Joseph Panckoucke, un dinamico editore di Lilla che ha debuttato a Parigi dopo un breve apprendistato presso il Le Breton e che ha già legato in modo indis­solubile le proprie sorti a quelle dell'Encyclopédie acquistandone, con alcuni soci, i diritti per la riedizione, costituisce una società per la pubblicazione del Supplément. Il Panckoucke che coltiva i rapporti con l'ambiente illuminista, in particolare con Buffon, Voltaire e Rousseau, e che gode di ampie protezioni nelle sfere governantive, intende con quest'opera correggere gli errori e colmare le lacune del testo originale. Della nuova impresa fanno parte fra gli altri Michel Rey, editore delle opere di Rousseau ad Amsterdam, e Jean-Baptiste Robinet92, letterato a cui è stato dato l'incarico di coordinare il lavoro della nuova opera.

Abbiamo già visto come la riedizione dell'opera parigina fosse poi travagliata dalla concorrenza delle edizioni pirate, da quella innovativa del De Felice e come su di essa si sia abbattuta la scure della censura con un intervento che portò alla confisca e al sequestro nei locali della Bastiglia dei primi tre volumi, fatto che costrinse gli editori a pubblicare l'opera a Ginevra. Anche il Supplément ebbe sorte non meno tempestosa, venne coinvolto nella guerra editoriale che vide il Panckoucke opposto allo stampatore di Yverdon. Solo dopo aver compreso che il duro confronto danneggiava entrambi si giunse ad un accordo: il De Felice rinunciò a pubblicare il suo Supplément in-folio, già annunciato, e Panckoucke ritirò la minaccia di un'edizione in-quarto dell'opera originale, inoltre i due editori si scambiarono le bozze delle rispettive opere per potersi copiare più agevolmente93.

Questa, per sommi capi, è la trafila attraverso la quale gli articoli d'Yverdon raggiungono il supplemento all'edizione parigina, che pur non disconoscendo l'apporto ne nasconde però l'ori­gine:

«Les articles à la fin desquels on trouve la marque ou les lettres: + (B.C) (C.C.) (D) (D'A.) (D.F.) (D.G.) (G.M.) (H.) (H.D.P.) (S.) (P.) (P.B.) (T.) (T.D.G.) (V.A.L.) sont tirés des editions étrangères de l'Encyclopédie, mais on y a fait quelques changemens et additions. Comme le Savans qu'elles désignent ne se sont pas fait connoitre, nous sommes dans l'impossibilité de les nommer. Nous nous contenterons de dire que ces Articles nous ayant paru bien faits, intèressans propres à contribuer au progrès des sciences et des arts, nous avons jugé à propos de le faire passer dans ce Supplément.»94.

Sebbene soltanto quattro voci siano siglate (P.B.): Cerf-volant, Conducteur, Conducteur de la foudre, Etoille tombante, alle quali, dopo quanto abbiamo dimostrato, dobbiamo aggiungere pure Electricité, che ormai sappiamo essere dovuta al nostro Autore, il contributo scientifico innovativo apportato dal Barletti nei confronti della vecchia edizione non è irrilevante. Per valutarlo occorre fare alcune considerazioni.

É noto che le voci di carattere elettrico dell'Encyclopédie furono redatte dal Le Monnier:

«M. Le Monnier des Accadémies des Sciences de Paris & de Berlin, & de la Societé royale de Londres, & Medecin ordinaire de S.M. à Saint Germain-en-Laye, nous a donné les articles qui concernent l'Aimant & l'Electricité, deux matieres importantes qu'il a étudié avec beaucoup de succès, e sur les quelles il a donné d'excellens mémoires à l'Académie des Sciences dont il est membre»95,

anche se - come aggiunge il Lough96 - nonostante questa dichiarazione il suo contributo complessivo si limita a otto articoli. Il suo lavoro fu completato da diversi "auxiliaires" fra i quali il Le Roy è sicuramente il più importante.

Va considerato però che il Le Monnier e gli altri autori delle voci di carattere elettrico scrissero i loro articoli durante gli anni '50, mentre le teorie di Bejamin Franklin su di un unico fluido elettrico, sull'elettricità atmosferica, sul potere delle punte si andavano, non senza contrasti, affermando. I loro lavori risultano pertanto carenti di alcune parti che si sarebbero sviluppate in seguito, e risentono altresì dello scontro che presto venne delineandosi fra il pensiero del "Filosofo" americano e le teorie del più prestigioso elettrizzante di Francia: l'abate Nollet97. Il Fisico parigino, che pure aveva in parte anticipato le intuizioni frankliniane98, nel vedere infatti i suoi studi, le sue teorie, la sua stessa fama offuscati dall'affermarsi delle nuove ipotesi, si oppose, con tutta l'autorità che gli derivava da una lunga militanza in campo scien­tifico, alla loro diffusione. In questa disputa gli studiosi francesi, con la sola significativa eccezione del Le Roy, furono, come è facile immaginare, antifrankliniani e i loro articoli rispecchiano fedelmente queste posizioni99.

Gli scritti di Padre Carlo, al contrario, come abbiamo già avuto modo di dire, sono ispirati dalle teorie del Franklin e dalle opere di Giovan Battista Beccaria, lo scienziato italiano che con i propri studi ne aveva favorito l'affermazione. La loro scelta da parte del Robinet per le voci Cerf-volant ed Electricité100 mira, quindi, a colmare le vistose lacune presenti nel­l'opera diderottiana, ed è indice - siamo alla metà degli anni '70 - che l'intero mondo scien­tifico ha risolto positivamente il dibattito sulle teorie elettriche, che l'aveva interessato, in favore del Patriota americano101.

Scriveva infatti il «Giornale de' Letterati» a commento del secondo capitolo della Physica del Barletti, il cui contenuto era uno dei costituenti la voce Electricité:

«Già per comun consenso dei Fisici migliori Franklin è il Filosofo dell'Elettricismo, come Newton della luce, e del Cielo. Il suo sistema, è il sistema della verità, nè altro può farsi intorno ad esso come intorno al Newtonismo, che approvarlo, stenderlo, ed illustrarlo ove possibile. Ecco dunque lo scopo che il Padre Barletti s'è prefisso in questo articolo, e negli altri cinque seguenti».102

Ma il lavoro del Fisico di Rocca Grimalda non si raccomandava solo per la rigorosa aderenza alle teorie frankliniane come spiegava la «Gazzetta Letteraria» di Milano:

«Chi non è molto versato nelle elettriche materie, trova tutto piano, semplice, ordinatissimo in quest'analisi, e non ne sente se non il frutto; ma chi sa quanto ne fossero intralciati i fenomeni, divisi gli sperimenti, e confuse le ipotesi, quegli solo può riconoscere quali ardue e faticose vie si debbano correre, e quale forza di spirito sia necessaria per riuscirne con qualche felicità.»103.

Scelta oculata, quindi, quella operata dal Robinet, che diventa "militante" nel caso della voce Conducteur de la foudre104, attraverso la quale il Supplement prende posizione sul­l'utilità dei parafulmini in un disputa che, a ragione, può essere definita un capitolo della diffusione dei lumi. Infatti, l'efficacia dei conduttori, argomento che il Barletti descrive riu­scendo a dare il meglio di se, unendo il rigore scientifico alla semplicità espositiva:

«Sopra ogni altra però l'analisi dei segni elettrici, e l'uso dei conduttori metallici per preservare le case, i magazzini, e le navi dal fulmine sono amplissimi e possiamo dir francamente, che sono le opere più perfette che in tal genere abbia la Fisica»105, fu al centro di un dibattito che interessò, non solo l'intero mondo scientifico contemporaneo, che si schierò a favore o contro l'uso propostone da Franklin, ma coinvolse l'intera società rimanendo a lungo terreno particolare di scontro fra le resistenze dei conservatori, a volte spinti dalla mera superstizione, e i fautori del progresso106.

Se in Inghilterra le resistenze ai parafulmini furono di tipo politico107, in Francia, fu lo stesso Nollet, con la sua indiscussa autorità in campo scientifico, a fornire agli avversari della loro istallazione gli argomenti di contestazione.

Lo studioso francese infatti dichiarava di non poter credere:

«q'une verge de fer pointue suffise pour dècharger entierement de tout son feu la nuée orangeuse vis-a-vis de la quelle on la dresse. Pour moi, je vous l'avoue sans façon, je n'en crois rien»108.

Ma la critica non si limitava a questa affermazione ed Egli nel suo rancore finì coll'affermare che i parafulmine, anziché proteggere gli edifici, con la loro presenza li met­tevano in pericolo perchè gli sembravano: «plus propre à déterminer le tonnerre à tomber sur la maison qu'à l'en détourner.»109. Queste osservazioni, che ignoravano i numerosi risultati speri­mentali positivi, ma sembravano ammantarsi, presso il vasto pubblico, del più elementare buon senso ottennero una straordinaria fortuna. Successo a cui contribuì, nel 1771, anche la dif­fusione del volume del Priestley The History and the present state of Electricity che il Nollet aveva fatto tradurre al Brisson e pubblicare anonimo, dopo averlo fatto corredare da opportune annotazioni che ribadissero il suo pensiero110. Manipolazione questa che non sfuggì però al recensore romano dell'opera del Barletti, che in proposito scrive:

«Noi ci prenderemo quì la libertà di osservare, che quanto è bella l'opera dell'Inglese [il Priestley], altrettanto sono piene di errori le riflessioni del Francese Traduttore, il quale per inalzare fuor di proposito i suoi Nazionali si è preso la pena ad ogni passo di contrapporre il capriccioso sistema di Nollet alle accertate teorie di Franklin»111.

Il Fisico di Rocca Grimalda conscio dell'impatto che le affermazioni del Nollet potevano avere sull'opinione pubblica, si rivolge, nel suo articolo, proprio contro questi argomenti mettendone in luce l'infondatezza: «[l'autore] Risponde finalmente ad alcune difficoltà, onde un ardito partitante del chiarissimo Nollet ha tentato di screditare quest'invenzione [il para­fulmine], ch'è delle più grandi e più gloriose del secol nostro»112 e chiude la sua controversia col Brisson, indicando il quadro epistemologico entro il quale deve muoveresi il ricercatore:

«Sagax ergo in esperiendo, atque observando solertia, pacata mens, & altior teoria consideratio; non praeconcepta systemata, non partium studium, non denique audacior contraddicendi cupiditas prudentiora in rem hanc consilia suppeditabunt»113.

Si è parlato, non a caso, di scelta "militante"; nel 1776, al momento della pubblicazione del Supplement, lo scritto del Barletti non aveva perso nulla della sua attualità, né il dibattito dava segni di essersi affievolito e anche nel nostro paese, dove la polemica era rimasta sul piano scientifico, le resistenze erano tutt'altro che vinte114 e alimentavano, intrecciandosi con altri temi come l'innesto del vaiolo, il confronto fra i seguaci dei lumi e la vecchia società:

«I conduttori, lungi dal portar verun pericolo, sommamente diminuiscono il pericolo comune dei fulmini; similissimi in questo all'innesto del vajuolo; poiché siccome l'innesto non garantisce assolutamente dal pericolo di morte quello ch'è innestato, ma infinitamente soltanto lo scema; così fanno i conduttori rispetto al fulmine»115.

Il Barletti, che si comporterà sempre con singolare coerenza nella lotta per l'affermazione delle nuove idee, sino a giungere al sacrificio personale116, avrà ancora occasione di occuparsi di fulmini e il suo saggio Analisi di un nuovo fenomeno del fulmine117 otterrà vasta risonanza. Tuttavia, anche se consideriamo il suo apporto all'affermazione dei parafulmini, limitato al ca­pitolo Fulminum conductor di Physica specimina e alla voce Conducteur de la foudre che ne è la traduzione, privata della sua parte più direttamente polemica, esso andò ben al di là di quanto lo stesso autore potesse immaginare. A ingigantirlo fu la tribuna privilegiata, l'Encyclo­pédie, attraverso la quale i suoi studi, anno dopo anno, edizione dopo edizione, sia pure in forma anonima, raggiunsero un pubblico sempre più vasto. Sicché possiamo concludere, lo studio del Darnton ce ne autorizza118, che al Fisico di Rocca Grimalda va la palma del divul­gatore della «spranga elettrica».

 

 

1.Segretario dell'Accademia e dell'Istituto delle Scienze di Bologna fin dal 1766, quando era succeduto a F.M.Zanotti, Sebastiano Canterzani insegnò astronomia e matematica nell'ateneo bolognese. Conobbe il Barletti nel 1773, in occasione di un viaggio di istruzione che quest'ultimo stava facendo per visitare i laboratori di Fisica delle università emiliane ma soprattutto per conoscere le nuove macchine introdotte da Felice Fontana nel fiorentino Gabinetto Filosofico Granducale, e con lui ebbe una corrispondenza, con varie interruzioni, a partire dalla lettera citata sino al 1794 (Cfr. P.Leodegario Picanyol, Un grande fisico dimenticato: Carlo Barletti delle Scuole Pie (1735-1800), in «Rassegna di Storia e Bibliografia Scolopica», IV, Roma, 1938, pp.15-47). Sul Canterzani si veda la voce di M.Gliozzi in Dizionario Biografico degli Italiani, vol 18, Roma, 1975, pp.280-281.

2. Su Padre Carlo Barletti (Rocca Grimalda, 1735 - Pavia, 1800) si veda: P.Leodegario Picanyol, Un grande fisico dimenticato: Carlo Barletti delle Scuole Pie (1735-1800), «Alexandria», anno VI, pp.367-373; P.Leodegario Picanyol, Il Padre Carlo Barletti delle Scuole Pie (1735-1800) e il suo carteggio con i grandi scienziati Italiani del tempo, «Alexandria», anno VII, pp.260-267; P.Leodegario Picanyol, Carlo Barletti, «Monumenta Scholarum Piarum», Roma, 1938; Vincenzo Cappelletti, Barletti Carlo, in Dizionario Biografico degli Italiani, Vol VI, Roma, 1966, pp. 401-405; Antonella Bonato, Gli Studi elettrici nel '700: Padre Carlo Battista Barletti, in «Archivium Scholarum Piarum», Roma, Annus V, n°9, pp.147-184; Si veda anche: Alessandro Laguzzi, Un Fisico del '700, Carlo Barletti di Roccagrimalda, in «URBS trimestrale dell'Accademia Urbense di Ovada», Gennaio 1987; Marzo 1987. A.Laguzzi, Un Fisico del '700: Carlo Baretti (ma Barletti), «La provincia di Alessandria», Anno XXXIV, Aprile-Giugno '87, pp.91-98; in particolare sui rapporti fra Alessandro Volta e Carlo Barletti: A. Laguzzi, I Primi anni di P.Carlo Barletti a Pavia ed i Suoi rapporti con il Volta, in: «Ricerche» Bollettino degli Scolopi Italiani, 1989, n. 25, pp.36-62; sull'apporto dato dal B. alla diffusione della nuova chimica: A. Laguzzi, Saggio analitico del calore, ovvero principi di Termologia» Carlo Barletti e la nuova chimica di Lavoisier, in «Ricerche», 1990, n. 28, pp. 53-88. Un saggio che tenta un primo bilancio dell'opera del Barletti e contiene un'aggiornata bibliografia in: Alessandro Laguzzi, Per una biografia di P. Carlo Barletti, Fisico del '700 e patriota repubblicano, in Rocca Grimalda: una storia millenaria, Ovada, Accademia Urbense, 1990, pp. 142-225. Infine è di prossima pubblicazione: A. Laguzzi, Il carteggio fra Carlo Barletti e Giacomo Filippo Durazzo, in Storia dei Genovesi, Atti del Centro Internazionale di studi sui ceti dirigenti nelle istituzioni della Repubblica di Genova, Vol. XII, Genova, 1992.

3. CARLO BARLETTI, Dubbi e pensieri sopra la teoria degli elettrici fenomeni, Galeazzi, Milano, 1776.

Sullo scienziato piemontese Gianbattista Beccaria si veda: M. GLIOZZI, Giambattista Beccaria nella storia dell'elettricità, in «Archeion», XVII, 1935, pp. 15-47; ID, Fisici piemontesi del Settecento nel movimento filosofico del tempo, Torino, 1962; A. PACE, The Manuscripts of Giambattista Beccaria Correspondent of Benjamin Franklin, in «Proceedings of the American Philosophical Society», XCVI, 1952, pp. 406-416; ID, Beccaria Giambattista, in Dizionario Biografico degli Italiani, VII, Roma, 1965; J.L.HEILBRON, Beccaria Giambattista, in Dictionary of Scientific Biography, I, New York, 1970

5. Sul dibattito che divise il mondo scientifico degli "elettricisti" settecenteschi fra sostenitori dell'ipotesi frankliniana di un unico fluido e simmeriana di due fluidi elettrici, positivo l'uno, negativo l'altro, si veda: JOHN HEILBRON, Electricity in the 17th and 18th centuries. A study of Early Modern Physics, Berkeley-Los Angeles-London, University of California Press, 1979 (trad. italiana, Alle origini della Fisica moderna, il caso dell'elettricità, Bologna, Il Mulino, 1984); FABIO SEBASTIANI, I fluidi imponderabili. Calore ed elettricità da Newton a Joule, Bari, Dedalo, 1990; ENRICO BELLONE, La Fisica dei fluidi, in Storia della Scienza moderna e contemporanea (diretta da Paolo Rossi), vol. I, Dalla rivoluzione scientifica all'età dei lumi, Torino, UTET, 1988, pp. 679-700. Nel nostro caso, ricordiamo che la pubblicazione del Barletti suscitò reazioni contrastanti, mentre «Il Giornale de' Letterati» di Pisa, che sino ad allora aveva seguito con interesse e lodi le pubblicazioni del Monferrino, non recensì il volume, «La Gazzetta Letteraria di Siena», in un articolo attribuibile all'Abate Bartoloni, dedico all'opera più di undici pagine di recensione. Sull'episodio cfr. ALESSANDRO LAGUZZI, Per una biografia di P. Carlo Barletti, Fisico del '700 cit., pp.164-176; A. LAGUZZI, I Primi anni di P.Carlo Barletti a Pavia ed i Suoi rapporti con il Volta cit., pp.20-22.

 6. BIBLIOTECA DELL'UNIVERSITA' DI BOLOGNA (da ora B.U.B.), Manoscritti di Sebastiano Canterzani, caps XXVII (4158), fasc.10, Sebastiano Canterzani a Carlo Barletti, Bologna 18 Xbre 1776.

 7. Sulla Nuova Enciclopedia Italiana si veda: MARIAFRANCA SPALLANZANI, La «Nuova Enciclopedia Italiana» del 1779, in G.F. Malfatti nella cultura del suo tempo, Atti del convegno, Ferrara 23-24 ottobre 1981, p.115-146; SERGIO LUZZATTO, Enciclopedie trai gesuiti: A. Zorzi ovvero il «Diderò di Ferrara», in Studi in onore di Francesco Cataluccio, «Miscellanea storica ligure», XV, 1983, n.2, pp.341-367; M. ROSA, Encyclopédie, lumieres et tradition en Italie au XVIIIème siècle, «Dix-huitième siècle», n.4, 1972; G. NATALI, Enciclopedie italiane del Settecento, in «Nuova Rivista Storica», III, 1919, pp.97-103; G.GASPERONI, L'abate Zorzi e l'iniziativa di una Nuova Enciclopedia Italiana, in «Nuova Antologia», 1951, pp.288-305.

 8. Per una viva rappresentazione di Ferrara e del suo ambiente letterario si veda le memorie di un contemporaneo, Giambattista Biffi: BIBLIOTECA GOVERNATIVA DI CREMONA, Carte di Giambattista Biffi, Lettere all'abate Isidoro Bianchi, Viaggio di Ferrara. 1771; inoltre si veda: A.FRIZZI, Memorie storiche della nobile famiglia Bevilacqua, Parma, 1779; G. e L. BAROTTI, Memorie istoriche dei Letterati ferraresi, Ferrara, 1792-93; G. BARUFFALDI, Continuazione delle Memorie Istoriche di Letterati ferraresi, Ferrara, 1811; sul cenacolo culturale del marchese Bevilacqua si veda in particolare: L.PEPE, Gianfrancesco Malfatti e un sodalizio culturale d'avanguardia a Ferrara fra il 1770 e il 1780, Ferrara, 1981.

 9. Sui Gesuiti a Ferrara cfr. G. CASTELLANI, I Gesuiti a Ferrara, Roma, 1953. Su Alessandro Zorzi si veda: L. BAROTTI, Notizie intorno all'Abate Alessandro Zorzi Veneziano, in appendice a: Prodromo della Nuova Enci clopedia Italiana, pp.187-192; C. VANNETTI, Commentarius de Vita Alexandri Georgii, Senis, 1779; E DE TIPALDO, Biografia degli italiani illustri, Venezia, 1834-35, t.3, pp.383-385; F. NEGRI, Elogio di Alessandro Zorzi filologo veneziano, in Galleria dei Letterati ed Artisti illustri delle Province Veneziane nel secolo decimottavo, Venezia, 1924, vol. II, s.p.

 10. Scrive infatti D'Alembert: «Nous serions injustes, si nous ne reconnoissions point ce que nous devons à l'Italie: c'est d'elle que nous avons reçu les sciences, qui depuis ont fructifié si abondamment dans toute l'Europe ...». (Encyclopédie, Lousanne, 1778, t.I, p.XXXIX)

 11. N. BADALONI, La Cultura, in: Storia d'Italia 3, Torino, Einaudi, 1974, p. 840

 12. BIBLIOTECA ESTENSE MODENA (da ora B.E.M.), Lettere al Tiraboschi, Ms. it. L. 9. 19., Alessandro Zorzi a Gerolamo Tiraboschi, Ferrara il giorno di Sant Ign.o 1775.

 13. MARIAFRANCA SPALLANZANI, La «Nuova Enciclopedia Italiana» cit., a pag. 118 l'autrice riporta in nota i numerosi carteggi dello Zorzi da cui trae questa affermazione. Oltre al già citato carteggio con il Tiraboschi, vengono ricordati quello con Pietro Berti (B.E.M., Autografoteca Campori, «Alessandro Zorzi»; Sebastiano Canterzani (B.U.B., Ms, caps. XXVII (4158), fasc. 10); Giordano Riccati (B.CIVICA UDINE, Ms. 1205); Lazzaro Spallanzani (Edizione Nazionale delle Opere di Lazzaro Spallanzani, Carteggi (a cura di Pericle Di Pietro), vol.12, Modena Enrico Mucchi Editore, 1984-1990, Vol. XI, pp. 215-228); Clementino Vannetti (B. CIVICA TRENTO, Ms. n. 861).

 14. Prospetto di una Nuova Enciclopedia Italiana, s.l., s.d.

 15. MARIAFRANCA SPALLANZANI, La «Nuova Enciclopedia Italiana» cit., p.118; l'autrice ricorda con queste adesioni anche le defezioni successive del Frisi e di Giambattista Niccolai.

 16. B.E.M., Lettere al Tiraboschi cit., lettera del 9 maggio 1776. Scrive lo Zorzi: «Il contino Verri scrive ...: «Io non posso che esibirmi a servirvi sopra alcuni articoli dell'Economia politica, che abbraccia commercio, finanze, agricoltura, manifatture, etc.. Conosco il conte Paradisi. Egli ha quell'ozio che a me manca, e di più quella grazia di scrivere e quell'ammasso di congnizioni che invidio con onorata invidia. A misura che andrà formandosi l'opera io mi presterò a quegli articoli che saprò e potrò fare. La principale fatica consiglio ... ad appoggiarla al sig. Conte.» Il Luzzatto sottolinea in modo particolare che l'adesione del Verri, che finiva con partecipare ad un'impresa promossa da un esponente di quella che per anni fu la controparte più ostinata dei «filosofi», era contraddittoria e individua nel riformatore milanese una divaricazione di giudizio nei confronti dei Gesuiti. cfr. S. LUZZATTO, Enciclopedie trai gesuiti: A. Zorzi ovvero il «Diderò di Ferrara» cit., p.351-352.

 17. Prodromo della Nuova Enciclopedia Italiana, Siena, per Vincenzo Pazzini e Luigi Benedetto Bindi, 1779, p.XI.

 18. Prodromo cit., p.XIII.

 19. MARIAFRANCA SPALLANZANI, La «Nuova Enciclopedia Italiana» cit., pp.122-123. Che lo Zorzi fosse realmente persuaso dell'eccellenza e del valore degli studiosi riuniti intorno a lui è testimoniato da quanto egli dirà nel piano generale dell'opera: «Dagli editori in fuori, la nostra società può facilmente superare la parigina» (Prodromo..cit.). A confermare le ipotesi della Spallanzani stanno le decine di studi sulla scienza italiana del XVIII secolo che sono fioriti negli ultimi anni, dal vol I della già citata Storia della Scienza del Rossi, che opera una puntuale rivalutazione dell'apporto italiano al progresso delle scienze alle monografie che mettono in risalto il contributo del singolo studioso. Ricordiamo, fra i più recenti: F. ABBRI, Science de l'air. Studi su Felice Fontana, Cosenza, Brenner, 1991; I Riccati e la cutura della Marca nel Settecento europeo (a cura di G.Piaia e M.L. Soppelsa), Firenze, Olschki, 1992; sul Lorgna: F.PIVA, La biblioteca di uno scienziato settecentesco. Anton Mario Lorgna, Firenze, Olschki, 1992; TEODORO BONATI, Carteggio scientifico con Lorgna, Canterzani, Frisi, Saladini, Calandrelli, Venturi (a cura di M.T.Borgato, A.Fiocca, L.Pepe), Firenze, Olschki, 1992; inoltre, una monografia sul Lorgna di Calogero Farinella è in corso di stampa per i tipi di Franco Angeli. Una segnalazione particolare deve essere fatta, inoltre, per gli studi di Vincenzo Ferrone sull'ambiente scientifico piemontese e in particolare sull'Accademia delle Scienze di Torino di cui fu fondatore con il Cigna e il Lagrange il Conte Angelo Saluzzo di Monesiglio; studi che sono approdati a risultati le cui vaste impicazioni gettano nuova luce sullo stato sabaudo: V.FERRONE, La nuova Atlantide e i lumi. Scienza e politica nel Piemonte di Vittorio Amedeo III, Torino, Albert Meynier, 1988.

 20. Il giudizio di Caterina II in: DENIS DIDEROT, Correspondance, a cura di G. Roth, Paris, Editions de Minuit, 1962, vol. VII, p.42; JEAN D'ALEMBERT, Ouvres complètes de d'Alembert, Geneva, Slatkine Reprints, 1967, V, p.193, d'Alembert a Voltaire, 22 febbraio 1770; Voltaire's Correspondance, ed Th. Besterman, Institut et Musée Voltaire, 1953-1963, XLII, p.92 (lettera a Palissot, 4 giugno 1760) e XLI, pp.23-24 (lettera a M.me Epinay, 7 gennaio 1760). Inoltre il giudizio insoddisfatto dello stesso Diderot è riportato in: ROBERT DARNTON, L'avventure de l'Encyclopédie. Un best-seller au siecle des Lumières, Perrin, Paris, 1982, p.31.

 21. Riferimenti ad una seconda edizione riveduta e corretta compaiono già dal quarto volume alla voce: Correspondance litteraire di Friedrich Melchior Grimm; Jaucourt, nel settimo volume, alla voce Gergenti, inserisce un rinvio ad una futura aggiunta, come fa notare Lough in: JOHN LOUGH, Essays on the Encyclopédie of Diderot and d'Alembert, London, Oxford University Press, 1968, p. 251. Tutte le vicende relative alla nascita del Supplement in: KATHLEEN HARDESTY, The Supplément to the Encyclopédie, Martinus Nijhoff, The Hague, 1977, pp.1-3.

 22. T.R. CASTIGLIONE, Fortunato Bartolomeo De Felice tra Voltaire e Rousseau, in Studi di Letteratura Storia e Filosofia in onore di Bruno Revel, Firenze, 1965, pp. 155-178.

 23. Prodromo cit., p.XV.

 24. FRANCO VENTURI, Settecento riformatore, V., L'Italia dei lumi, 2. La Repubblica di Venezia (1761-1797), Einaudi, Torino, 1990, p.XII.

 25. Prodromo cit., p.XV.

 26. B.U.B., Ms, caps. XXVII (4158), fasc. 10.

 27. ARCHIVIO DI STATO DI MILANO (A.S.M.), Autografi, Cartella Barletti, Barletti a Carlo Conte di Firmian, Pavia 12 Gennaio 1773.

 28. ibidem.

 29. Da una lettera dello Zorzi al Tiraboschi del 14 novembre 1777 che indica gli autori della Classe di Fisica il Beccaria risulta quale futuro estensore delle voci di Fisica Sperimentale, il nome del Barletti, ma noi abbiamo visto il perché, risulta semplicemente proposto.

 30. Sull'amicizia fra il Barletti, lo Spallanzani e Gregorio Fontana si veda: ALESSANDRO LAGUZZI, Per una biografia di P. Carlo Barletti, Fisico del '700 ..., cit., pp.196-200.

 31. B.U.B., Manoscritti di Sebastiano Canterzani, caps XXVII (4158), fasc.10, Carlo Barletti a Sebastiano Canterzani, Pavia li 19 Febbraio 1777.

 32. Prodromo cit., p.XVI.

 33. Sull'influenza giansenista nell'Ateneo pavese si veda: E ROTA, Il Giansenismo nell'Università pavese e la questione religiosa nella Repubblica Cisalpina, in «Boll. Soc. Pavese St. Patria», VI, 1906, pp. 564-608; E. CODIGNOLA, Illuministi, Giansenisti e Giacobini nell'Italia del Settecento, La Nuova Italia, Firenze, 1947; ID, Carteggi di Giansenisti liguri (a cura di), Firenze, 1941; N.CALVINI, Il P. Martino Natali, Giansenista ligure dell'Università di Pavia, Genova, 1950.

 34. Alessandro Zorzi a Gerolamo Tiraboschi, Ferrara 13 maggio 1776. Molti sono gli scienziati che esprimono le loro riserve sull'opera, come fa il Barletti attraverso la richiesta di una adeguata remunerazione del lavoro che viene proposto, così fa lo Spallanzani (lettera a M. A. Caldani, Pavia maggio 1776) così dichiara di aver fatto lo stesso Caldani che brutalmente scrive: «Gli nuovi Progettisti d'Enciclopedia italiana sono pazzi. Avrò avuto venti seccature di coglioni per obbligarmi a scrivere tutti gli articoli fisiologici ed anatomici. - poi più oltre aggiunge - voglio in mio potere un esemplare dell'Enciclopedia di Yverdon, in cui hanno travagliato gli Haller, gli Hirtzel, gli Tissot ect. ect. ect. in secondo luogo che voglio due zecchini veneti di giusto peso, almeno per ogni foglio di materia stampata.» (M.A.Caldani a Spallanzani, Padova 11 maggio 1776) in: Edizione nazionale delle opere di Lazzaro Spallanzani, Parte prima, Carteggi (a cura di Pericle Di Pietro), Vol. I - XII, Mucchi, Modena, 1985 - 1990, Vol. III, pp. 195-196.

 35. Sebastiano Canterzani a Carlo Barletti, Bologna 12 aprile 1777.

 36. B.U.B, Lettere di Vari al professore Francesco Stefano de' Bartolomei, Ms. n.4189, Gianfrancesco Malfatti P.P. di Matematica a Francesco Stefano de' Bartolomei, Ferrara, il Pro novembre 1778; lettera nella quale si dice che il Marchese Bevilacqua "Atlante della Nuova Enciclopedia Italiana" si era assunto personalmente «tutti gli incomodi del carteggio e tutte le brighe dell'Edizione»; cfr. MARIAFRANCA SPALLANZANI, La «Nuova Enciclopedia Italiana» cit., p.119.

 37. Che lo Zorzi avesse ben presente l'importanza che la dedica rivestiva nel suo caso, lo testimonia il carteggio con Giuseppe Pelli, direttore delle Gallerie Granducali e illustre poligrafo, che servì da tramite fra il Granduca Leopoldo e l'Abate veneziano (ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Carte Pelli). Quanto gli fosse costato assoggettarsi a quell'umiliante trafila lo rivela in una lettera al Tiraboschi: «Ora ella non può credere quanta impressione faccia in molti la protezione del Granduca. Pare che egli con un soffio possa comporre e stampare tutta l'opera. Presso molti io ero un pazzo fino a due settimane fa, e di tutto all'improvviso sono divenuto uno dei più savi uomini della terra. Io per me, a dirla schietta, non conto la protezione di questi principi nemmeno quanto un autor mediocre» (Lettera al Tiraboschi, Ferrara 23 aprile 1777).

 38. La lettera si riferisce alla pubblicazione delle aggiunte ufficiali all'Encyclopédie: Supplement à l'Encyclopédie ou Dictionnaire raissonné des Arts et de métieres, par une societé de gens de lettres mis an ordre et publié par Mxxx, Amsterdam, M.M. Rey Libraire, 1776. Sull'opera e sui suoi redattori: KATHLEEN HARDESTY, The Supplement to the Encyclopédie cit., pp. 129-153.

 39. In realtà le voci siglate dal Barletti (P.B.) sul Supplement sono 4, oltre alle due ricordate nella lettera, nel volume compaiono anche "Conducteur" e "Etoille Tombante".

 40. Carlo Barletti a Sebastiano Canterzani, Pavia 21 giugno 1777. Sulla veridicità dell'affermazione del Barletti circa la paternità di questa voce vedere il seguito dell'articolo.

 41. Sebastiano Canterzani a Carlo Barletti, Bologna li 6 agosto 1777.

 42. Carlo Barletti a Sebastiano Canterzani, Pavia li 28 Xbre 1779.

 43. Prodromo della Nuova Enciclopedia Italiana, Siena, 1779.

 44. Sebastiano Canterzani a Carlo Barletti, Bologna li 5 gennaio 1780; sulla malattia del Barletti si veda: ALESSANDRO LAGUZZI, Per una biografia di P. Carlo Barletti, Fisico del '700 ..., cit., pp.173-174.

 45. «Continuazione del Nuovo Giornale de' Letterati d'Italia», Modena, tom. XXI, 1780, p.1.

 46. Sul De Felice si veda: E. MACCABEZ, F. Bartolomeo de Felice et son encyclopédie, Bale, 1903; J.P. PERRET, Les imprimeries d'Yverdon au XVII es au XVIII siècle, Lousanne, 1945; G.PEJRONE CHIABOTTI (a cura di), F.B. De Felice, editore illuminista (1723-1789), Yverdon, 1983. G.NATALI, De Felice F. Bartolomeo, in Enciclopedia Italiana, Roma, vol. XII, 1949.

 47. G.GORANI, Mémoires secrets et critiques des cours, des gouvernements et des moeures des principaux Etats de l'Italie, Paris, 1794, 3 vol.

 48. GIULIETTA PEJRONE CHIABOTTI, I rapporti con l'Italia di una grande impresa editoriale, in F.B.De Felice cit. pp. 37-57.

 49. C.CAPRA V.CASTRONOVO G.RECUPERATI, La stampa italiana dal '500 all'800, Laterza, Bari, 1986, p.330-333.

 50. «Il Caffè» ossia brevi e varj discorsi distribuiti in fogli periodici dal giugno 1764 a tutto maggio 1765. Tomo I, In Brescia, dalle stampe di Giammaria Rizzardi. 1765-1766.

 51. F.VENTURI, Settecento riformatore, V. L'Italia dei lumi (1764-1790), 1. La rivoluzione in Corsica. Le grandi carestie degli anni sessanta. La Lombardia delle riforme, Einaudi, Torino, 1987, p.433.

52. Le edizioni italiane sono state studiate in: ADRIANA LAY, Un editore illuminista, Giuseppe Aubert nel carteggio con Beccaria e Verri, Accademia delle Scienze di Torino, 1975; S.BOGI, L'Encyclopedia in Lucca, in «Archivio Storico Italiano», 3d ser., XVII (1873), pp.64-90; E. LEVI-MALVANO, Les éditions toscanes de l'Encyclopédie, in «Revue de Littérature comparée», III (1923), pp.213-256; si veda inoltre il già citato: M.ROSA, Encyclopédie, lumieres et tradition en Italie au XVIIIème siècle.

 53. BIBLIOTÉQUE DE LA VILLE DE BERNE (B.V.B.), Correspondence Haller, vol.41, Lettera n.71, del 7 dicembre 1770.

 54. Cfr: GUYOT C., Le Rayonnement de l'Encyclopédie en Suisse Française, Université de Neuchatel, 1955, pp. 100-102; e inoltre Encyclopédie ou dictionnaire universel des connoissances humaines mis en ordre par Mr. De Felice, Yverdon, 1770 - 1780, vol. 58 (da ora E. Y.), articolo Comment (firmato Mingard).

 55. Si veda: E. MACCABEZ, F. Bartolomeo de Felice cit., p.54; MARGARET C. JACOB, Il significato culturale della rivoluzione scientifica, Einaudi, Torino, 1992.

 56. «Gazette de Leyde», 14 febbraio 1768

 57. E.Y., t.I, p.VIII.

 58. B.V.B., Correspondence Haller, vol.41, Lettera n.71, del 7 dicembre 1770.

 59. Lettres inédites de Voltaire, Paris, 1818, Tom. II, Lettera a Dalembert del 4 giugno 1769; cfr.: E. MACCABEZ, F. Bartolomeo de Felice, cit. p.30.

 60. Lettres inédites de Voltaire, Paris, 1818, Tom. II; cfr. E.MACCABEZ, F. Bartolomeo de Felice, cit. p.30; J.P. PERRET, Les imprimeries d'Yverdon CIT., p.212.

 61. In particolare ricordiamo la contestazione del Bonnet che si ritrovò citato fra gli autori senza essere stato consultato: Cfr: GUYOT C., Le Rayonnement de l'Encyclopédie cit., pp.86-92.

 62. Si veda per gli  studiosi italiani consultati  la richiesta  di collaborazione avanzata dal De Felice a C. Beccaria:  BIBLIOTECA AMBROSIANA, Lettera del 15 ottobre 1769; cfr. G.PEJRONE CHIABOTTI (a cura di), F.B.De Felice cit. pp.48.

 63. C. BARLETTI, Nuove sperienze elettriche secondo la teoria del Sig. Franklin e le produzioni del P. Beccaria, Milano, Galeazzi, 1771.

 64. L'opera del Barletti fu presto conosciuta in Italia ed all'estero: «Siamo stati prevenuti da molte Gazzette Letterarie italiane  ed oltramontane nel dar conto di quest'Opera che ha si giustamente incontrata l'approvazione de' più esperimentati e celebri Professori.», così scriveva la «Gazzetta Letteraria» di Milano nei primi mesi del 1772, ma commenti favorevoli all'opera comparvero anche in molti altri giornali italiani («Novelle Letterarie», di Firenze, 1772, III, col. 27-32; «Notizie Letterarie», Firenze, III, 1772, col. 761-762; Giornale de' Letterati», Pisa, VII, 1772, pp.247-266; «Europa Letteraria», Venezia, I, part. I, 1771, pp.75-77.); anche all'estero giunse notizia dell'opera del Barletti che venne accolta con favore. Joseph Priestley, lo scienziato inglese, ne scrisse a Benjamin Franklin che gli rispose: «I intend soon to repeat Barletti's experiments, being provided with the requisites and shall let you know the result» (The writing of Benjamin Franklin, a cura di A. H. Smyth, New York, 1905-1907, V, Franklin to Joseph Priestley, London, May 4 1772, pp.394-396); notizia dell'opera venne data in Germania da Johan Bernoulli III che a proposito dell'opera scrive: «ci fu scritto da un Fisico de' più severi e profondi che erano questi saggi pieni di vera erudizione filosofica, e di rettissimo Giudizio di Analisi ingengosa ed espressi con nobile semplicità e nitidezza di stile» (JOHAN BERNOULLI III, Zuzatze zu den newesten Rachrichten Italien, vol. 2, Leipzig, Caspar Fritsch, 1778, p.760); notizia dell'opera giunse anche in Olanda, scrive in una lettera l'abate Bartaloni (Bartoloni): «Per sommo piacere poi riceverò se dentro Giugno saranno a me spediti gli opuscoli del nostro amico Padre Fontana e Padre Bordetti (ma Barletti) anzi pregateli di fare a mio nome. Quest'ultimo egli è a me noto per le cose sue sull'elettricità; e dalla relazione che di esse fanno i giornali d'Olanda, mi pare molto intendente di tali materie» (Lazzaro Spallanzani. Carteggi cit., XII, pp.285, Domenico Bartoloni a Spallanzani, Siena 22 febbraio 1773).

 65. E. MACCABEZ, F. Bartolomeo de Felice, cit. p.47; cfr. J. BERNOULLI III, Lettres sur differens sujets écrites pendant le cours d'un voyage par l'Alemagne, la Suisse, la France méridionale et l'Italie, en 1774 et 1775, 3 vol., Berlin; J.P. PERRET, Les imprimeries d'Yverdon au XVII es au XVIII siècle, Lousanne, 1945, p.235.

 66. «Gazzetta Letteraria», 1772, p.1.

 67. La lettera del Dutens era apparsa sulla «Gazette de la Haye» del 31 maggio 1771, lettera poi ripresa dal «Journal encyclopédique» del 15 giugno 1771 accompagnata da malevoli commenti; su tutto l'episodio cfr.: E. MACCABEZ, F. Bartolomeo de Felice, cit. pp. 35-38.

 68. BIBLIOTHÉQUE DE LA VILLE DE NEUCHATEL (B.V.N.), Documenti della Société Typographique di Neuchatel, lettera di E. Bertrand a Ostervald, 6 novembre 1770.

 69. BIBLIOTHÉQUE PUBLIQUE ET UNIVERSITAIRE DE GENÉVE (B.P.U.G.), Ms. Bonnet, n. 88.

 70. B.P.U.G., Ms. Bonnet, 74, fol. 45 verso.

 71. «Gazzetta Letteraria», 1772, p.30.

 72. CARLO BARLETTI,  Physica Specimina,  apud Joseph  Galeatium  Reg. Typographum, Mediolani, MDCCLXXII.

 73. E.Y., Usage du cerf-volant dans la Physique, Tom. VIII,  1771, pp.388-392.

 74. C. BARLETTI, Physica Specimina cit., pp.124-138.

75. «Giornale de' Letterati», Tom. X, 1773, p.258.

 76. E.Y., Conducteur, Conducteur de la Foudre, Tom. X, 1772, pp.741-745; pp.745-748.

 77. Le aggiunte redatte dal Barletti provengono dal paragrafi: C.BARLETTI, Physica cit.,  Cohibentium, ac  deferentium  corporum  enumeratio, Cohibentium  usum  ad  deferentia  separanda,  Deferentium  gradus definiuntur, pp.8-9.

 78. C. BARLETTI, Physica Specimina cit., pp.139-157.

79. «Giornale de' Letterati» cit., p.259.

 80. E.Y., Electricité, Tom. XV, 1772, pp.535-550.

 81. C. BARLETTI, Physica Specimina cit., pp.1-6.

 82. J. PRIESTLEY, The History and the Present State of Electricity, with original experiments, London, Bathurst & Lowndes, 1767. Riproduzione anastatica a cura  di R.E.Schofield, New  York, Johnson  Reprint Corporation, 1966. Scrive in proposito il «Giornale de' Letterati» confermando la nostra affermazione: «É questo un piccol compendio della grande Istoria dell' Inglese Pryestley ridotta francamente, e senza scapito del disegno in minor Quadro. (...) Quì si vede con non minore intelligenza, sebbene in dimensioni senza paragone più piccole, eseguito appunto l'istesso: anziché si trovan di mano in mano suppliti più illustri  nomi, specialmente Italiani, de' quali parve che l'Istorico Inglese si dimenticasse tanto nella prima, che nella seconda edizione della sua opera.» («Giornale de' Letterati» cit., p.240).

 83. C. BARLETTI, Physica Specimina cit., pp.7-26. L'accoglienza riservata dalla stampa agli articoli che componevano questa voce fu estremamente positiva così come all'intero volume. Ricerche parziali mi hanno per ora permesso di individuare recensioni sulla milanese «Gazzetta Letteraria», n.2, 13 gennaio 1773, p.9; il pisano «Giornale de' Letterati», Tom. X, 1773, p.238-261, che dedicò ad una disamina delle singole parti del volume numerose pagine; il veneziano «L'Europa Letteraria», III, part.II, 1772, pp. 44-46; sulle «Effemeridi Letterarie di Roma», II, 1773, pp.308-309; le fiorentine «Novelle Letterarie», 17 novembre 1773, IV, n.47, col. 746-747, che pur essendo il più contenuto scrive: «Se fosse nostro istituto il dare lunghi estratti di qualunque libro, sarebbe questo uno, che meriterebbe di esser fatto conoscere in tutte le sue parti. Sarebbero principalmente degne di essere riportate alcune sue dottrine e spiegazioni sul fulmine, sul lampo e sul tuono, nelle quali si potrebbe pascere una virtuosa curiosità. Concluderemo in somma, che il P.Barletti à dato un bel lume al sistema di Franklin, e il pubblico gli dovrà essere infinitamente obbligato».

 84. C. BARLETTI, Nuove sperienze elettriche cit., pp.9-10. Scriverà a commento di questa parte il «Giornale de' Letterati»: «Con tali premesse si fa strada alla costruzione d'un'eccellente Macchina elettrica. Insegna le regole necessarie per la sua maggiore attività, e la più acconcia disposizione di ciascun pezzo per la combinazione, e comodo dell'esperienze; descrive in una parola, la propria macchina.» («Giornale de' Letterati», cit., p.242). Credo, vada sottolineata la capacità che il Barletti dimostrò sempre come progettista e costruttore di macchine e come sperimentatore, se come progettista poteva affermare: «negli anni scorsi sono sempre partite da Pavia parecchie casse di macchine fatte su mia commissione, e sotto la mia direzione per vari professori e dilettanti di Fisica miei corrispondenti» (A.S.M., Autografi, Barletti all'I. R. Consoglio di Governo, Pavia 20 febbraio 1788; come sperimentatore era definito dallo Spallanzani: «uomo che per sperimentare si può dire che ha l'anima nelle mani» in: Spallanzani Cart. cit., IV, pp. 378-380, Spallanzani a Fortis, Pavia 28 febbraio 1785.

 85. E.Y., Electricité médicale, Tom. XV, 1772, pp.550-554. Carlo Barletti riprenderà poi quest'argomento in un volume pubblicato a Pavia nel 1780: CARLO BARLETTI, Analisi di un nuovo fenomeno di fulmine e osservazioni sopra gli usi medici dell'elettricità, Stamperia del I. R. Monastero di San Salvatore, Pavia, 1780. In occasione di questa pubblicazione apparve, sull'«Antologia  Romana» dell'Amaduzzi,  una recensione che delinea lo spirito di equità con cui l'autore tratta l'argomento e che è lo stesso adottato nella redazione della voce dell'enciclopedia del De Felice: «L'uso medico dell'elettricità ha prodotto, siccome accade di tutte le novità, due contrarj, ed estremi partiti, vantandone uno di essi con entusiasmo la sua onnipotene efficacia in pressochè tutti i morbi, che affliggono l'umana specie, e cercando l'altro di atterrirci, e di tenercene lontani colla minaccia degli effetti i più perniciosi. Quei fisici peraltro, che sanno far uso di quella saggia, e ritenuta moderazione, che dovrebbe esser la divisa di tutti gli scrutatori della natura, si ridono di tutte quelle portentose guarigioni, che ci van decantando i partigiani della medica elettricità, e di quelle terribili conseguenze che ci minacciano i suoi contrarj; ma confessano al tempo stesso, che questa nuova droga nelle mani di un prudente, ed illuminato professore può riuscire giovevole in molti casi. (...) In questa sana e poco numerosa classe di Fisici deve annoverarsi il P. Barletti ...» («Antologia Romana», 1781, pp. 413-414)

 86. E.Y., Etoille, Tom. XVII, 1772, pp..

 87. E.Y., Electricité, Tom. XV, 1772, p.561.

 88. Archivio Stato Milano, Studi P. A., Autografi, cart. 110, Barletti a Carlo Conte di Firmian, Pavia 12 gennaio 1773.

 89. GUYOT C., Le Rayonnement de l'Encyclopédie cit., pp.107-111.

 90. «Journal encyclopédique», 15 giugno 1771;  cfr. E. MACCABEZ,  F. Bartolomeo de Felice, cit. pp. 35-38.

 91. Ci riferiamo in particolare: E.Y., Experience de Leyde, Tom. XVIII, pp.95-108 di cui si evidenzia una rassomiglianza più che casuale con l'articolo III° della Physica barlettiana: Phiala Leydensis, sive fulminea percussio (C. BARLETTI, Physica Specimina cit., pp.27-44.; E.Y., Fluide Electrique, Matiere Électrique, Feu Électrique, Tom. XIX, pp.478-496, che contengono a nostro avviso parti tratte dal capitolo barlettiano Elettricorum signorum analysis  (C. BARLETTI,  Physica Specimina cit., pp.45-123); E.Y., Foudre, Tom. XX, pp.304-322 voce nella quale un'attenta comparazione con il capitolo barlettiano Fulgor, Fulmen, Tonitru (C. BARLETTI, Physica Specimina cit., pp.158-176) puo ravvisare più di una somiglianza.

 92. Sul Robinet, che fu il compilatore di più di 1.150 voci del Supplement, si veda: J.MAYER, Robinet, philosophe de la nature, in «Revue des sciences humaines», settembre 1954; G. CHARLIER - R. MORTIER, Le Journal encyclopédique, Paris, Nizet, 1952. Sulla nascita e le vicende relative alla pubblicazione del Supplement cfr: KATHLEEN HARDESTY, The Supplement to the Encyclopédie, Martinus Nijhoff, La Hogue, 1977, pp.1-18; ROBERT DARNTON, L'avventure de l'Encyclopédie. Un best-seller au siècle des lumieres, Perrin, Paris, 1982, pp.35-43.

 93. ROBERT DARNTON, L'avventure de l'Encyclopédie cit., p.37.

 94. Supplement à l'Encyclopédie cit., Avvertissement. É bene sottolineare che il De Felice, dopo la tormentata esperienza del manifesto iniziale sconfessato da alcuni degli autori annunciati, per prudenza, rinunciò a pubblicizzare i propri collaboratori che furono resi noti soltanto con la pubblicazione del tomo X delle tavole illustrative (1780).

 95. Encyclopédie ou Dictionnaire raissonné des Arts et de métieres, par une societé de gens de lettres, mis an ordre et publié par M. Diderot de l'Academie Royale des Sciences & des Belles - Lettres de Prusse, & quant à la Partie Matématique, par M. D'Alembert de l'Academie Royale des Sciences de Paris, de celle de Prusse & de la Socièté Royale de Londres, Tom. I, p.XLIII;

 96. cfr. JHON LOUGH, The contributors to the Encyclopédie, in Inventory of Diderot's Encyclopédie, Voltaire Foundation, Vol. VII, p.505; p.530; p.543.

 97. JEAN TORLAIS, Un physiciens au siècle des lumières, l'abbé Nollet, Paris, 1954

 98. Sono noti gli studi compiuti dal Nollet in campo elettrico e come egli giungesse, sin dal 1748, a formulare una precisa analogia fra il fulmine e l'elettricità: «Si quelqu'un entreprenait de prouver, par une comparaison suivie des phénomènes que le tonnerre est entre les mains de la nature ce que l'électricité est entre les nôstres, que ces merveilles dont nous disposons à notre gré, sont des petites imitations de ces grands effets qui nous effraient, et que tout dèpend du même mécanisme ... l'universalité de la matiere électrique, la promptitude de son action, son inflammabilité et son activité à enflammer d'autres matiéres, la propriété qu'elle a de frapper les corps extérieurement et intérieurement jusque dans leur moindres parties, l'exemple singulier que nous avons de cet effet dans la bouteille de Leyde, l'idée qu'on peut lègitimement s'en faire en supposant un plus grand degré de vertu électrique, etc., tous ces points d'analogie que je médite depuis quelque temps commencent à me faire croire qu'on pourrait, en prenant l'électricité pour modèle, se former, touchant le tonnerre et les éclairs, des idée plus saines et plus vraisemblables que tout ce qu'on a immaginé jusqu'à présent.»(J.A.NOLLET, Leçons de physique experimentale, 6 vol., Paris, 1748, tom. IV, pp. 315-316) concetto che aveva poi occasione di ribadire: «depuis le première edition de ce volume ces conjections sont devenues presque des certitudes» (J.A.NOLLET, Lettres sur l'électricité, Paris, 1753. In quegli anni, da parte sua, Beniamino Franklin, come testimoniano le lettere al Conllinson, sviluppava osservazioni e ricerche sull'elettricità atmosferica e sul potere delle punte che lo portavano alla scoperta del parafulmine. Contrariamente a quanto asserisce il Priestley, in un primo momento, la scoperta e le osservazioni del Fisico americano, che nel frattempo erano state pubblicate, lette, in seduta pubblica, alla Royal Society non ricevettero particolare attenzione. Destino ben diverso attendevano le ricerche frankliniane in Francia; infatti un volume fresco di stampa fu inviato dal Franklin al naturalista Buffon, che si affrettò a farlo tradurre all'amico Dalibard pubblicandolo all'inizio del 1752. Va però aggiunto che la traduzione fu fatta precedere da un Histoire abrégée de l'électricité nella quale il nome dell'Ab. Nollet era volutamente dimenticato. Per comprendere questo comportamento bisogna rammentare che Nollet era stato il «disciple et ami» del grande Réaumur, e che quest'ultimo era l'ispiratore, neppur tanto nascosto, delle Lettres à un Amériquain che Lelarge de Lignac aveva pubblicato e che sono un'attacco bruciante a L'Histoire naturelle del Buffon. Nel frattempo Dalibard effettuava a Marly-la-Ville, il 12 maggio 1752, l'esperienza suggerita dal Franklin e traeva con la "verga metallica" la scintilla dal cielo. L'esperienza era riferita, il 13 maggio, in una seduta dell'Accadémie des Sciences, suscitando nell'uditorio una viva sensazione. Presto gli esperimenti si moltiplicarono in tutto il paese, ed anche Le Monnier, ad iniziare dal 7 giugno, fu della partita dimostrando, con le sue esperienze, che l'atmosfera poteva essere elettrica anche in assenza di nuvole. Poi queste ricerche si diffusero in tutta Europa e, come è noto, nell'agosto del 1753, uno studioso dell'accademia di San Pietroburgo, Geor Wilhelm Richmann rimase fulminato dalla violenza della scarica attratta. In Italia Zanotti e Veratti si occuparono del fenomeno, ma fu il Padre Giovan Battista Beccaria che condusse sull'argomento gli studi più sistematici e approfonditi pubblicando lo stesso anno: Dell'elettricismo artificiale e naturale libri due, testo che lo stesso Franklin definì: «un des meilleurs ouvrage que j'aye vus dans aucune langue, sur cette matière»(Oeuvres de Franklin, Paris, 1773, t.I, p.184) La vastità della fama di cui godette Franklin e la sua teoria che postulava l'esistenza di un unico fluido elettrico furono però vissute dal Nollet, che vide i suoi studi e le sue ipotesi sul l'effluence et affluence simultanées relegati nel dimenticatoio, come altrettanti scacchi personali ed egli andò maturando verso l'americano un sordo rancore.

99. Su questa controversia e sulle sue conseguenze cfr.: Jean Torlais, Une grande controverse scientifique au XVIIIe siècle. L'abbé Nollet et Benjamin Franklin, in «Revue d'histoire des sciences et leurs applications», IX, pp.339-349; John Heilbron, Electricity in the 17th and 18th centuries cit., pp.305-333; Ferdinando Abbri, La «Spranga elettrica»: Frisi e l'elettricità, in Ideologia e scienza nell'opera di Paolo Frisi (1728-1784) (a cura di Gennaro Barbarisi), vol.2, Milano, Franco Angeli, 1987, Vol.I, pp.161-199; I.Benguigui, Théories électriques du XVIIIe siècle. Correspondance entre l'Abbé Nollet et le physicien genevois Jean Jallabert, Geneve, 1984, pp. 33-51.

100. Mentre la voce CONDUCTEUR, come abbiamo già avuto modo di dire, non è che l'aggiornamento con dati più recenti della precedente apparsa sull'Enciclopedia parigina, nella voce ETOILLE TOMBANTE il Barletti espone la personale teoria che l'origine del fenomeno sia di natura elettrica, come pure egli crede, le aurore boreali, i fuochi di Sant'Elmo, i lampi di calore, ecc. Tali convincimenti saranno poi ripresi in altre opere del Fisico di Rocca Grimalda. Cfr. BARLETTI C., Fisica Particolare e Generale in saggi altri analitici, altri elementari, Tom. II, Saggi analitici di alcune meteore dei principali fenomeni e stromenti meteorologici, ossia principi di Meteorologia, Stamperia del Monastero di San Salvatore, Pavia, s.d. (ma 1785).

101. J. Heilbron, Electricity in the 17th and 18th centuries cit., pp.335-342

102. «Giornale de' Letterati», cit., p.243.

103. «Gazzetta Letteraria», cit., p.10.

104. La notizia della nascita del parafulmine e le istruzioni per costruirlo furono pubblicate dal Fisico di Filadelfia sul “Poor Richard's Almanack” del 1753, che fu preceduto dalla Pennsylvania Gasette del 19 ottobre 1752, giornale sul quale lo stesso autore diede notizia degli esperimenti da lui condotti con il cervo volante.  Fu però soltanto nel 1760 che l'autore fece costruire il primo esemplare, in quello stesso anno, mentre Franklin era a Londra, i soci americani della «Junto», la società di studi da lui fondata, munirono l'abitazione di uno di loro, Mr. W. West, mercante di Filadelfia, del congegno, il quale, dopo poco, fu investito dal fulmine preservando la costruzione da danni. Da quel momento l'invenzione si diffuse rapidamente, mentre l'autore così commentava: «Au surplus par rapport à la costruction d'un instrument si nouveau, et sur lequel nous puovions si peu étre guidés par l'experience, nous avons à nous féliciter de nous etre rencontrés si près du vrai, et d'avoir commis si peu d'erreurs» (Lettera del 20 febbraio 1762)

105. «Europa Letteraria», cit., p.45.

106. Ricordiamo qui il dibattito sull'efficacia del suono delle campane durante i temporali (C. VIACINNA, Del fulmine e della sicura maniera di evitarne gli effetti, Milano, 1766) e la consuetudine diffusa nelle nostre campagne ancora a fine Ottocento di incrociare sull'aia le molle e la paletta (barnass) per difendersi dal fulmine (Paolo Bavazzano, Rocca Grimalda fra Settecento e Ottocento nelle visite pastorali, in A. Laguzzi (a cura di) Rocca Grimalda una storia millenaria, Ovada, Accademia Urbense, 1990, pp. 19-35; cfr. Giuseppe Ferraro, Superstizioni, usi e proverbi monferrini, Palermo, 1866, p.103). Sul dibattito si veda: Ferdinando Abbri, La «Spranga elettrica» cit., pp. 177-178.

107. É noto che in Europa l'affermarsi del parafulmine incontrò forti resistenze sia in Inghilterra che in Francia, sebbene per motivi diversi.  Oltre Manica l'opposizione era essenzialmente mossa da motivi politici; re Giorgio III e il suo partito non potevano concedere, ad un avversario politico del calibro di Franklin, la fama che gli sarebbe derivata dal riconoscergli la paternità di un'invenzione così utile. La conseguenza fu che per un certo tempo le barre a punta furono definite pericolose e gli scienziati reali, di cui il Wilson era capofila, teorizzarono che la soluzione corretta era far terminare la barra con una sfera. Sul continente l'opposizione principale si ebbe in Francia e fu condotta dal Nollet per i motivi che abbiamo già indicato. Cfr.: Ferdinando Abbri, La «Spranga elettrica»: Frisi e l'elettricità cit., Vol.I, pp.161-199

108. J.A.Nollet, Lettres sur l'électricité, dans lesquelles on examine les dernières découvertes qui on été faites sur cette matiére & les conséquences que on en peut tirer, Paris, 1753, p.160.  Queste medesime ragioni sono riprese alla nota 49 della versione fatta dal Brisson dell'opera del Priestley, Histoire de l'électricité, vol.3, Herisant le fils, Paris, 1771; e riportate dal Barletti in Physica specimina cit., p.150.

109. La stessa conclusione: «ainsi cette methode, bien loin de garantir les bàtiment des effets du tonnerre, est, à mon avis, plutot propre à les faire foudroyer» sempre tratta dal volume del Brisson (J. Priestley, Histoire de l'électricité cit., t.I, note pp.335-336) è riportata anche dal Barletti che la contesta: C. Barletti, Physica specimina cit., p.155.

110. J.Priestley, Histoire de l'électricité cit.

111. «Effemeridi Letterarie di Roma», cit., p.309.

112. «Gazzetta Letteraria», 13 gennaio 1773, p.6.

113. Carlo Barletti, Physica specimina cit., p.157.

114. Ricordiamo che ancora nel 1784, nonostante i numerosi ed autorevoli interventi a favore della tesi frankliniana, e l'esempio fornito dai governi illuminati di Toscana e di Milano, Marsilio Landriani era costretto a scrivere:  «la persuasione della loro <i parafulmini> utilità non è molto fra noi universale, e purtroppo con iscandalo della filosofia, e a dispetto dei lumi che si vanno spargendo nella nazione, più d'uno osa deriderli, e perfino di condannarli come perniciosi» (M. Landriani, Dell'utilità dei conduttori elettrici, Milano, 1784, pp.III-IV).

115. «Magazzino Toscano», XX, 1774, p.151.

116. Dopo l'avvento napoleonico, nel 1797, il Barletti partecipò come municipalista al governo di Pavia, poi venne nominato commissario del Potere Esecutivo del Dipartimento del Ticino, carica a cui rinunciò per ritornare all'insegnamento. Per questa sua partecipazione al Governo Cisalpino durante la restaurazione del 1799 venne incriminato e morì in carcere per le vessazioni subite. cfr. A. Laguzzi, Per una biografia di P. Barletti... cit., pp. 209-218.

117. C. Barletti, Analisi di un nouvo fenomeno di fulmine e osservazioni sopra gli usi medici dell'elettricità, Stamperia dell'I. R. Monastero di San Salvatore, Pavia, 1780.  Sull'argomento si veda anche la bella lettera scritta dallo Spallanzani al Barletti, in: «Opuscoli scelti sulle scienze e sulle arti», 1791, pp.296-300.

118. Ricordiamo che dell'Encyclopédie, oltre all'edizione di Yverdon (4500 copie) e al Supplement (4000 copie) si ebbero successivamente l'edizione di Genève-Neuchatel (8.525 copie in-quarto) e di Lousanne-Berne (5.800 copie in-Octavo); cfr. Robert Darnton, L'avventure de l'Encyclopédie cit., p.48.


I primi anni di p. Carlo Barletti* a Pavia

ed i suoi rapporti con il Volta

(estratto da Ricerche, n.1, 1989)

 

 

 

Nuove sperienze elettriche… e Physica Specimina, i due saggi sull'elettricità che il Barletti aveva pubblicato nel '71 e nel '721, oltre a attirare l'interesse del mondo scientifico sul Fisico Scolopio di Roccagrimalda2 hanno anche l'indubbio pregio di porlo all'attenzione del Conte di Firmian, governatore austriaco dello Stato di Milano, a cui entrambi sono dedicati3 .

Proprio in questi anni Egli, sotto la direzione del Principe di Kaunitz, il ministro di Maria Teresa, stava conducendo a termine quell'opera di riforma delle istituzioni scolastiche, iniziata da circa un ventennio, mirante ad ottenere “il risorgimento dei buoni studi”, che presentava sul piano istituzionale come novità più cospicua l'accentramento in un'unica Università, sotto il controllo diretto dello Stato, del monopolio della concessione del titolo di studio, mentre includeva, fra gli elementi destinati a innovare profondamente sul piano pedagogico le facoltà scientifiche, gli esperimenti di Fisica e di Chimica4  L'Uomo di Stato, dovette apprezzare, non solo la qualità del lavoro scientifico prodotto dal Barletti, ma anche condividere quelle indicazioni epístemologiche enunciate da Padre Carlo che sembravano così bene attagliarsi ai principi íspiratori dell'azione riformatrice: «Sagax ergo in experiendo, acque observando solertía pacata mens, & altior theoríae consideratio; non praeconcepta systemata, non partium studium, non denique audacior contradícendí cupiditas prudentiora in rem hanc consilia suppeditabunt»5.

É quindi in un Ateneo pavese, in fase di profondo rinnovamento negli indirizzi e negli uomini, rinnovamento che troverà un primo coronamento nel reale dispaccio del 4 Novembre 1773 che reca il titolo: Piano scientifico per l'università di Pavia, che viene chia­mato, nell'Ottobre del 1772, il Barletti a ricoprire la cattedra di Fisica Sperimentale, e la sua stessa nomina è indubbiamente parte di quella volontà di cambiamento. Qui si troverà a lavorare al fianco di uomini come il grande Spallanzani, íl matematico Gregorio Fontana, il medico Ciccognini e il giurista Daverio, insomma di tutta quel­l’elite di studiosi e scienziati illuministi che così profondamente im­prontarono la cultura lombarda del periodo, ed in definitiva l'italiana.

A Pavia, come scrive egli stesso al Firmian, il suo impegno sarà rivolto a: «giornali lezioni pubbliche, la prolusione, l'ordine e dire­zione per nuove macchine ai Religiosi Cappuccini macchinisti, la descrizione, e disposizione delle antiche macchine, e finalmente le pubbliche dimostrazioni sperimentali»6. Oltre alle lezioni, quindi, un programma che mette l'accento sulla parte sperimentale, e dove il Gabinetto di Fisica con le sue macchine finisce per assurgere, così come il Teatro Anatomico, l'Orto Botanico, la Biblioteca e il Museo di Storia Naturale, a simbolo stesso di una cultura e di una società che vogliono essere governate da lumi. A queste istituzioni, che di­venteranno la prestigiosa vetrina del riformismo asburgico7 l’il­luminato governo austriaco, in un periodo in cui i principi ambiscono essere filosofi, riserva una cura così particolare che a un'ennesima sollecitazione del Kaunitz, il Firmian si sentirà in dovere, dopo aver minutamente relazionato sullo stato dei lavori e la condizione del laboratorio, di scrivere: «Può essere V.A. pienamente persuasa che mi stanno nel cuore tutti gli oggetti che facilitano e favoriscono lo studio della Storia Naturale, della Fisica Sperimentale e di tutte l'Arti, e Scienze, che nell'Università vengono insegnate, e la mia premura per le medesime, oltre all’inclinazione mia particolare, prende norma da quella con cui scorgo V.A. per esse impegnata»8.

In questo clima ben si comprende come lo Spallanzani in più di un'occasione abbia a lamentarsi dell'impegno assorbente richiesto dal Museo di Storia Naturale9, e si riesce ad immaginare quello richiesto al Barletti per il Gabinetto Fisico e per le Pubbliche Sperienze.

L'incarico, fin dal suo esordio, per lo stato pietoso in cui si trovavano le macchine esistenti: «trovai quelle in una stanza per terra tutte a lascio, ed in disordine senza neppure un armadio, o una tavola per sostenerle (... ) neppur una è in buon punto, ed in stato di agire»10, si rivelerà gravoso, ma a questo compito il Fisico Scolopio si de­dicherà con vera passione, scegliendosi anche un collaboratore, l'abate Re11, un macchinista di grande talento, che saprà affiancarlo efficacemente.  Negli anni seguenti, vediamo Padre Carlo impegnato in relazioni su macchine fatte e da farsi, realizzabili a Pavia o da ordinarsi a Milano o all'estero, su locali per ospitarle, su armadi per contenerle, in rapporti sul macchinista-assistente e sulle esperienze pubbliche tenute, in suppliche, “umiliate” alle autorità, per accre­scerle di numero e di importanza e per ottenere i relativi fondi; a queste si contrappongono in risposta indirizzi e provvidenze che si “abbassano graziosamente”, e mentre tutto questo si sussegue non mancherà di farsi sentire la stessa voce del Kaunitz.  Il risultato, però, sarà tale da giustificare pienamente tanto impegno, perché, già prima della venuta del Volta, che lo potenzierà ulteriormente, il Gabinetto Fisico dell'Università di Pavia sarà tale da impressionare favore­volmente i visitatori famosi.

Inoltre, il Barletti, grazie alle nuove amicizie che stabilisce con í colleghi di Pavia fra i quali si lega, in modo particolare, all'abate Spallanzani e al matematico di Rovereto Gregorio Fontana, anch'egli scolopio, amplia i contatti con gli studiosi italiani e stranieri. É del febbraio 1773 una lettera dello Spallanzani all’Ab. Domenico Bartoli segretario dell'Università di Siena, lettera che preannunzia l'invio di un “opuscolo fisico” del nostro Autore11; mentre la conoscenza e l'amicizia che stringe con Gregorio Fontana, fratello del più famoso Ab. Felice direttore del Gabinetto Fisico del Granduca di Toscana, è probabilmente all'origine del viaggio di istruzione o letterario, come si diceva allora, che Padre Carlo intraprende, avvalendosi delle provvidenze che il paterno governo imperiale concede sotto forma di sussidi.

Nell'Estate del 1773 infatti il Fisico scolopio utilizza le vacanze per un viaggio che lo porta in Toscana, dopo aver attraversato l’Emilia, nelle cui università registra: assai tenui progressi della Fisica, e dove, tuttavia a Bologna, stabilisce corrispondenza con il Canterzani e il Matteucci: i due soli che pensino di proposito e con gusto alle cose fisiche in quella Università. Qui a Firenze, al con­trario, rimane piacevolmente sorpreso, come scrive nella relazione che invierà al Firmian: «Firenze mi ha presentato un nuovo e singolare spettacolo nel Gabinetto di Fisica di S.A.R. Il numero e la finezza, la nobiltà delle macchine corrispondono in tutto alla magnificenza del Principe, che le ha ordinate, ed alla celebrità del Sig. Ab. Fontana, che ne è il direttore. Ho avuto la sorte di tener con questi molte conferenze, e di cavare i disegni di varie parti di macchine da lui perfezionate»13. Anche a Pisa il Nostro ha occasione di incontrare un nuovo interlocutore, il Guadagni e di apprendere: vari ingegnosi ripieghi per la facilità di sperimentare.  Un vero successo dunque e per le relazioni allacciate e per aver trovato nuove idee per arricchire di macchine sempre più perfezionate il suo laboratorio.  Il Kaunitz che ricevette la dettagliata relazione su questo viaggio ed ebbe modo di valutarne successivamente gli effetti, scrivendone al Firmian, ad anni di distanza, lo giudicherà altamente produttivo14.

Ma non si deve pensare che gli impegni della cattedra e del Gabinetto Fisico facciano trascurare al Barletti l'opera di ricercatore, e la pubblicazione di suoi lavori, infatti è di quegli anni la collaborazione all'Enciclopedia stampata dall'italiano Fortunato De Felice ad Yverdon, nella Svizzera francese15, dove il Nostro figurerà come redattore delle voci “cervo volante”, “conduttore elettrico”, “conduttore del fulmine” e della stessa “elettricità”, articoli redatti “per scherzo” come dice con civetteria di studioso, ma che risultano inseriti nei supplementi all'Enciclopedia parigina16. Infine, anche se per il momento non ne conosciamo la data, abbiamo la nomina a Socio dell'Accademia delle Scienze dell'Istituto Bolognese e della Reale Accademia di Mantova 17.

In questi stessi anni di Pavia si rafforzano i rapporti che Barletti ebbe con Alessandro Volta.

Se dovessimo dar retta al manoscritto del canonico Giulio Cesare Gattoni, cronista della prima giovinezza del Fisico comasco, po­tremmo affermare che i rapporti fra i due sono di vecchia data e risalgono a parecchi anni prima.  Dal bravo Canonico apprendiamo come fin dal diciassettesimo anno il giovane e intraprendente Alessandro, dopo aver meditato le opere del Beccaria e del Nollet, si occupasse di nastri di seta, zolfo, resine, bastoncini fritti nell'olio, e che inoltre: «Nel diciottesimo anno di sua età era già in cor­rispondenza col P. Beccaria, col Nolleto, col Franklino in America, col P. Barletti, con Priestley ed altri celebri fisici»18. É già stato fatto osservare come lo scritto non vada preso alla lettera, infatti nel nostro caso prevederebbe per il Fisico monferrino una fama che nel 1763, solo a due anni dall'incarico nell'insegnamento scientifico affidatogli dai Superiori, Egli era probabilmente ben lontano dal possedere.  Non possiamo non rilevare però, che nel probabile caso in cui la scelta degli interlocutori voltiani, fosse stata fatta a posteriori, la presenza del nome del Fisico di Rocca Grimalda fra i massimi esponenti della nascente scienza, è indicativa della alta considerazione in cui era tenuto il nostro Autore.

E tuttavia i rapporti col giovane Alessandro, pur se non si stabilirono così presto, risalgono per certo ad un periodo anteriore alla sua nomina a professore dell'Ateneo Pavese.  Barletti e il Volta si incontrarono, a Milano, frequentando le case di comuni amici e in questi incontri scambiarono, come era logico, informazioni ed ipotesi sulle loro esperienze scientifiche, così scrive il Fisico comasco in una lettera del marzo 1772 al Conte Giambattista Giovio: «...Se le accadesse di vedere in casa della Marchesa Balbi o altrove il P. Bar­letti, la prego di ricercarlo in mio nome della composizione di quel mastice, di cui una volta egli mi parlò»20. É noto come anche le opere del Nostro fossero seguite dal Fisico comasco attentamente.

Ma veniamo al periodo nel quale i rapporti fra i due sembrano farsi più intensi, ovvero fra la seconda metà del 1775 e la data in cui, come vedremo, lo Scienziato comasco sostituisce Barletti nella cattedra di Fisica Sperimentale all'Università di Pavia. Questo periodo può farsi partire dal lo Ottobre 1775 data in cui il Barletti e il Marzari, incaricati dal governo di riferire sul Volta, che aspirava ad una cattedra di Fisica sperimentale presso le Regie Scuole di Como, esprimono il loro parere largamente favorevole, che frutterà il posto a Don Alessandro21 . Dopo questa prima occasione, un nuovo motivo a questo intensificarsi di rapporti è dato dalla comunicazione che il Volta fa ai corrispondenti dell'invenzione dell’elettroforo perpetuo, scoperta che rappresenta per il Fisico comasco l'asso nella manica che gli consente di sconfiggere le tesi del Beccaria nella controversia che li contrappone da tempo, sull’elettricità vindice22.

In una lettera al canonico Fromond del 26 Ottobre 1775, Egli scrive, parlando dello strumento realizzato: «Siccome però intorno a questo, e ai mezzi di ingrandirlo ancora di molto ho avuto occasione di scríverne più diffusamente a Don Marsilio (Lan­driani), e al Padre Barletti, a’ quali avea promesso di farne sapere l'esito, mi parrebbe mancare all'amicizia e ai patti nostri, se vi tenessi coperta alcuna cosa...», aggiunge poi: «accontentatevi, caro Canonico, che vi trascriva il contenuto nella lettera al Padre Barletti o in quella a don Marsilio, che è presso a poco la medesima»23.  Segue la descrizione dell' “elettroforo” che è la stessa che tradotta in francese comparirà sul famoso «Journal de Rozier» col titolo: Lettre de M. Alexander Volta, a l'Auteur de ce Recueil, sur l'Electropbore perpetuel de son invention. Traduit de l'italien par M. Abbé M*** 24 .

Ma è la lettera del Barletti del 2 Gennaio 1776, che pubblicata negli «Opuscoli Scelti»25 avrà il compito di attirare per prima l'attenzione sulla scoperta voltiana.  In essa il nostro Autore illustra, più con l'entusiasmo proprio di un maestro, alle prese con i brillanti risultati di un discepolo, che non di uno studioso di fronte al lavoro di un collega, le sue esperienze con la nuova scoperta di cui Egli ha realizzato una variante a zolfo: «Tanto mi piace il vostro elettroforo perpetuo, che in ogni momento di libertà attorno mi ci trattengo per analizzarlo. Non contento di averne, come vi scrissi, risuscita sen­z'altro strofinamento l'elettricità, dopo averla soffocata, e spenta per ben quattro volte sott'acqua, ho voluto tentare di farla da principio nascere bella, e grande quasi spontaneamente da se; ed ecco come vi sono riuscito. Sopra una base di legno pianto una colonnetta di vetro, e fisso su questa un piatto di ottone esattamente piano con orlo intorno alto tre linee.  Un altro piatto preparo simile ma alquanto più  stretto, nel di cui centro della faccia superiore fisso una verga di vetro con il suo manubrio di legno in cima per lasciarlo isolato, come praticate voi col vostro scudo. Verso sufficiente quantità di zolfo puro, e ben fuso nel primo piatto, e sovrapponendovi subito l'altro piatto più stretto, formo in mezzo a questi uno strato sottile di zolfo»26.

Segue la constatazione della perfetta riuscita della prova, testimoniata dai vivi segni elettrici che si manifestano, e l'intenzione di realizzarne una variante dalle dimensioni maggiori che sia anche più attiva.  In forza di questi risultati il Fisico scolopio riconosce la validità della tesi voltiana nell'ormai annosa controversia con il Beccaria sull'elettricità vindice: «frattanto in grazia di tanta docilità a manifestarsi la virtù elettrica con sì vivace scintilla senza metter opera ad altro stropicciamento, e a prestarsi in seguito ad essere nutrita e rinvigorita col solito vostro mezzo della boccetta, si po­trebbe chiamare col nome di 'elettricità spontanea indeficente': giacché la coscienza non più vi permette di lasciar correre il nome di 'vindice' »27.

È questo del Barletti un intervento importante per il Volta perché, grazie all'autorità che deriva al Fisico monferrino dalla lunga milizia in campo elettrico, dalla fama che le sue opere gli hanno conferito, dai titoli accademici di un'Università prestigiosa, Egli è in grado con il suo intervento di garantire sul piano scientifico, non solo la validità della scoperta voltiana, ma anche di sanzionarne la vittoria sul Padre Beccaria.  I riconoscimenti parigini saranno successivi28.

Che il Volta attribuisse alla lettera del Barletti grande importanza lo dice il fatto che, come scrive al Fromond, si affrettò ad inviarla al giornale parigino: «Gradite mi sono state le nuove da voi datemi dell'incontro del mio Elettroforo per tutto ove lo avete spedito; ma mi resta ancor la curiosità di sapere che conto se ne abbia fatto fuori d’Italia.  Da Priestley non mai ebbi risposta: la lettera mia a lui con le aggiunte, e quella al P.re Barletti, che voi avete inserita nel tometto 12 degli opuscoli, le ho mandate a Rozier: credo che saranno presto inserite nel suo Giornale»29. La stessa lettera conferma il fitto scam­bio di informazioni e lo stretto legame col Fisico scolopio di questo periodo: «Di più poi, concernente all'indole mutabile dei mastici ho esteso le idee, e credo averle poste in miglior lume dopo che a voi scrissi: sono queste ídee spiegate in più lettere al P.re Barletti, a cui ho già scritto di mandar tai mie al P.re Campi, acciò gli editori degli opuscoli trar ne possano quello che stimin buono»30.

Dopo essersi dilungato sui mastici che possono, se la composizione varia opportunamente, passare dal fornire segni elettrici positivi al risultato opposto, ed aver interrotto la lettera per consentirne la partenza con la posta della giornata, nella lettera inviata il giorno successivo riprende l'argomento per poi concludere: «Questa aggiunta è riuscita un po' lunga: aggiustatevi caro amico, od aggiustatela. Desidererei che la faceste passare come da me scritta al P.re Barletti; perché infatti queste ulteriori riflessioni, sebbene in altra forma, le ho a lui già da qualche tempo comunicate e scritte. Ed è poi anche giusto, sortendo negli opuscoli medesimi una sua lettera a me scrit­ta»31.

Di tutta questa corrispondenza fra il Fisico comasco e Padre Carlo, purtroppo andata perduta, rimangono solo alcuni brani che lo stesso Barletti ha voluto inserire nel suo libro Dubbi e Pensieri sopra la Teoria degli Elettrici Fenomeni32, di cui noi riportiamo una parte, per dare un'idea del loro tenore. Racconta l'Autore che: «Stava dopo ciò tentando di spegnere e risuscitare l'elettricità di questo elettroforo per mezzo della contraria, quando me ne fu dall'illustre Autore trasmessa una serie di sperienze elegante ed esatta.  Risposi come era giusto ch'egli mi era passato davanti, e che perciò ne prendeva la serie tutta da lui. Eccola nelle sue parole: “Mi sono dilungato nel­l'altra mia lettera sui modi di smorzare l'elettricità affitta al mastice, ma ò lasciato il più bel fenomeno che mi si presenta, mettendo opera di distruggerla a forza di elettricità contraria. Il fenomeno è questo: che inducendo sul mastice tanta dose di elettricità contraria, che non solo faccia sparire la prima, ma di quest'altra ne rimanga alquanto imbevuto il mastice, a poco a poco sparisce la nuova, e riducisi a zero; indi bel bello risorge la vecchia elettricità, sebbene poi non si rimetta, a molta tensione”»33.

Se ve ne fosse bisogno, ulteriore conferma dell'intenso rapporto e del tenore dello stesso, víene indirettamente da una lettera del Volta al Landriani del 27 stesso mese: «Il mio ritardo a scrivervi procede unicamente dal trovarmi molto occupato.  Oltre il preparar le lezioni di giorno in giorno, mi si sono affollate molte lettere in queste ultime settimane: ne ho scarabocchiate di lunghissime al Padre Barletti, sul far di quelle che scriveva a voi nell'estate passata; da queste si andrà Torse pescando fuori qualche cosa per gli opuscoli»34.

Frattanto la pubblicazione della lettera del Barletti che riportava la variante da lui introdotta, sull'uso dello zolfo al posto del mastice, come proposto dal Volta, sembra non incontrare l'approvazione del Landriani che ne scrive al Volta: «Che pretende il P. Barletti col suo nuovo Elettroforo spontaneo di produrre delle novità?  Credete voi che questo Elettroforo quale lo ha inventato il P. Barletti possa ser­vire?  Io non lo credo né nuovo né servibile; non servibile perché lo strato sottile di zolfo screpola per ogni dove al minimo varíare della temperatura, al solo strofinarvi leggermente una mano un po' calda; non nuovo poiché alla pagina 423 vol. I della Trad.e della Storia dell'Elettricità del D.r Priestley non che Epino lo immaginò, e Wilke chiama questa elettricità spontanea. (...) Se il Barletti avesse osservato a pag. 73 dello stesso volume avrebbe veduto che M.r Grey fino al 1730 osservò che le resine ed un cono di zolfo fuso in un bicchiere diede per più (settimane) veri segni di elettricità inde­ficente»35. La lettera prosegue con i complimenti al Volta per la ingegnosa invenzione ma l'impressione che ne riportiamo è che sotto accusa sia anche la scoperta originale.  Poco innanzi nella lettera infatti il Landriani dirà riferendosi ad alcune sue esperienze: «Meditate bene queste esperienze ed analizzatele che vi troverete in parte la risposta a quanto mi domandate intorno al mistero che vi faccio, e che vi devo fare intorno a quanto vi scrissi delle obiez. all'Elettroforo: ma per tutta l'amicizia vi raccomando a non farne parola con chicchessia»36.

All'atteggiamento del Landriani, le misteriose obiezioni del quale non è stato possibile rintracciare, non sono probabilmente estranei gli studi che lo Scienziato milanese stava compiendo per realizzare un apparato analogo, che presenterà infatti di li a poco in una lettera al Volta che verrà pubblicata, con una bella incisione illustrativa, nella «Scelta di Opuscoli Interessanti» dello stesso anno'.  L'episodio e la comprensibile delusione non sembrano comunque disturbare i suoi rapporti con il Volta e il Fisico di Rocca Grimalda, ne' influenzare le relazioni fra quest'ultimi, anzi lo scambio fra i due scienziati conosce, ad opera del Barletti, un nuovo capitolo: la pubblicazione di un'opera di argomento elettrico: Dubbi e pensieri sopra la teoria degli elettrici fenomeni38, nella quale una lettera indirizzata al Volta, che ne fa parte integrale, finisce per sembrare la dedicatoria.

Il significato che l'Autore dava a questo saggio nel quale rinnegava le sue precedenti convinzioni frankliniane sull'esistenza di un solo fluido elettrico, oltre che al valore scientifico intrinseco del lavoro stesso, sottolineano l'importanza che Padre Carlo annetteva al suo rapporto con il Fisico comasco e la grande stima che il Nostro aveva verso il giovane e brillante collega.

 

 

Dubbi e Pensieri sulla dottrina degli elettrici fenomeni

 

Il primo Febbraio 1750, Robert Symmer lesse ad una assemblea della Royal Society un'esperienza nuova che prometteva di dar luogo ad una rivoluzione nelle teorie elettriche.  Egli aveva notato che due corpi isolanti elettrizzati in modo contrario perdevano ogni segno di elettricità quando erano posti a contatto tra loro, ma tornavano ad essere carichi quando venivano separati.  I corpi citati erano due paia di calze che egli indossava: un paio nere di lana, ed uno bianco di seta che egli sovrapponeva. Togliendosi le calze aveva notato i tipici segni elettrici: crepitii, piccole scintille, leggero soffio sulla mano.  Inoltre, continua la relazione: «Entrambe le calze quando sono tenute a distanza l'una dall'altra appaiono gonfie a tal punto che se altamente elettrizzate formano l’intera figura della gamba (...) Quando le due bianche e le due nere sono tenute assieme alle estremità, si respingono fra loro e formano un angolo di 30 o 35 gradi. Quando una calza bianca ed una nera vengono avvicinate esse si attraggono con una forza corrispondente al grado di elettricità acquistato»39.  Proseguiva poi dicendo che se poste vicino: Si avvinghiano con forza sorprendente mentre il rigonfiamento gradualmente si abbassava.  La cosa straordinaria era però che, una volta separate, la loro elettricità non sembrava affatto diminuita.

L'esperienza, benché comune, aveva spinto il Symmer ad ipo­tizzare l'esistenza di due fluidi elettrici, ipotesi condivisa in seguito anche dal Nollet.  In Italia la stessa esperienza era stata fatta sia da Amedeo Vaudania, sia dal Beccaria ma senza che essi giungessero a particolari conclusioni40. Il solo Giovan Francesco Cigna si era dimo­strato favorevole ad una ipotesi che contraddiceva così nettamente la teoria frankliniana, pubblicando il saggio De novis quibusdam esperimentis electricis  negli attí dell'Accademia Reale di Torino e subito si era attirato i fulmini del grande Beccaria41.

Il Barletti stesso aveva dedicato all'argomento un intero capitolo della sua prima opera Nuove sperienze..., in esso sono appunto riprese le celebri esperienze: «Lungo le opposte facce di un sottil nastro di seta nera ben caldo faccio scorrere una carta bianca asciutta comprimendola leggermente da ambo le parti con la polpa delle dita pollice, e indice. Faccio similmente scorrere un pezzo di velluto o altro panno nero ben caldo lungo un sottil nastro dí seta bianca; accostati questi due nastri a certa distanza volano l'un all'altro, e si uniscono strettamente.  Divisi, e indi avvicinati similmente seguono ad unirsi, massime ne' tempi più secchi, per incredibile numero di volte. Elettrizzo similmente, e separatamente due nastri neri, siccome pure due bianchi. Gli omologhi presentati a certa distanza si sfuggono, e scacciano con impeto; anzi ognuno di questi, mentre con la sinistra si tiene per un capo, preso colla destra a due terzi circa di sua lunghezza, e alzato in modo, che possa il terzo rimanente ripiegarvici sopra; non si accosta mai ma gira intorno, e fugge»42.

Se il lettore però cercasse nelle prime opere del Fisico Scolopio tracce che rilevassero l'influenza di questi dibattiti andrebbe deluso ma come riconosce Antonio Pace nel suo Beníamin Franklin and Italy: «The doubts excited by Symmer and bís followers were not so easily quelled»43 inoltre: «Siccome nulla ha fatto più torto all'avanzamento della Filosofia, che quel rispetto superstizioso, con cui per molti secolí adottate furono senza esame, e venerate le opinioni di Aristotele; così nulla v'ba di più commendevole, ove trattisi di scienze, che dall'umana ragione unicamente dipendono, che sottoporre a rigorosa disamina le opinioni de' grand'uomini; che, sebbene grandi uomini sieno, osservatori accurati, e ragionatori profondi, possono essere stati portati all'errore»44.

Così, nel 1776, dopo anni di studio, il nostro Autore che aveva continuato a meditare le opere di Aepinus rifacendone e ampliandone gli esperimenti, spinto dai risultati raggiunti, aveva il coraggio di rimettere in discussione il proprio credo scientifico facendo proprie le ragíoni che già erano state di: «Epino, Wilcke, Nollet, Simmer, Ci­gna, dei quali io ho qui adottate varie idee, e sopra tutto dell'Ab. Fontana da cui riconosco quanto vi è di solido, e reale nei due fluidi elettrici»45, come dichiarava Egli stesso nella parte iniziale del suo saggio.  In questo senso scriverà al Firmian, il 13 Maggio, nel pre­sentargli l'opera: «É qualche tempo, Eccellenza, che io rimproverava a me stesso la troppa facilità mia in dicbiararmi Frankliniano; ma non sapeva indurmi io solo ad attaccare un ipotesi generalmente ricevuta, e vittoriosa di tante altre fino a questo punto proposte.  Finalmente l'immortale Ab. Fontana mi ha spinto a si gran cimento; e colla scorta delle sue, e delle mie nuove esperienze non diffido di vincere, e di fondare una più giusta teoria »46 .

Nella lettera indirizzata all'Abate, che è parte integrale dell'opera, egli dichiara: «Ai replicati favori (... ) avete di fresco aggiunto il più distinto, di comunicarmi alcune delle grandiose, e nuove esperienze vostre, che un nuovo ordine d'idee presentano in quell'elettrica Teoria, che pur sembrava la più felice e perfetta, di cui potesse vantarsi la scienza naturale»47.

Le grandiose e nuove esperienze citate, sulle quali il Fontana fondava le sue convinzioni, e che, comunicate dal fratello Gregorio al Barletti, contribuirono a far risolvere il Fisico di Roccagrimalda a pubblicare le conclusioni a cui era giunto, erano una serie di cartoncini forati dalle scintille fornite da un condensatore, come dichiara il Fontana, in una lettera scritta da Parigi il 15 Gennaio 1776 allo svedese Adolph Murray, nella quale preannuncia una sua opera con fatti «che distruggendo il sistema frankliniano ne costi­tuiscono uno nuovo»: «Nella mia opera farò gran forza sopra i fori fatti dalla scintilla elettrica attraverso i mazzi di carte, dove lo' osservare una doppia direzione di fogli piegati in senso opposto, che forma una vera dimostrazione di due forze, di due fluidi che vanno per parti opposte.  Quando i fori sono due, e non comunicano insieme, oltre le solite direzioni opposte di carte piegate in ciascun foro, vi è ancora da osservare che ciascun foro finisce con molte carte incavate, e non forate, ma incavate in senso opposto»48.

Questa è la genesi di: Dubbi e pensieri sopra la teoria degli elettrici fenomeni, di Carlo Barletti, delle Scuole Pie, P. Professore di Fisica Sperimentale nella Regia Università di Pavia, Socio dell'Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna e della Reale Accademia di Mantova stampato in Milano nell'anno AMCCLXXVI, appresso a Giuseppe Galeazzi Regio Stampatore. Il saggio, indubbiamente originale, non solo nei contenuti ma anche nella stesura, si apre con: «un'analisi, ovvero indice de' dubbi e pensieri in uno stile da dialogo, ove si affacciano 30 dubbi artificiosamente concatenati colla corrispondenza per ogni dubbio; il tutto esposto energicamente, e con sale»49 come dichiara «il Giornale Letterario di Siena» per l'anno AMCCLXXVI.  Fin dall'inizio l'attacco alla teoria frankliniana è manifesto. Il Fisico di Rocca Grimalda però è consapevole dell'entità del rovesciamento del proprio punto di vista e, nel mentre manifesta le proprie opinioni symmeriane, è costante la preoccupazione di giustificare la nuova posizione: «... non è già effetto di instabilità di opinione, né stimolo di tentar cose nuove, ma necessaria conseguenza della verità ed evidenza cui di buon grado sacrifico ogni mia opinione»50. Sempre per giustificarsi Egli pone in bocca all'interlocutore domande insidiose sull'argomento: «Ma i tanti grandi Fisici che anno gravemente sudato nella frankliniana teoria e la difendono?» La risposta è pronta: «Lo so' ancb'Io, qui non si tratta di persone, ma di sperienze e di ragioni» aggiungendo poi la rivendicazione della propria dignità di studioso: «Fra quei Fisici, benché lontano dai grandi, vi sono stato io pure, e perciò ho discorso meco liberamente»51.

E veniamo all'opera vera e propria, che si articola in due lettere indirizzate: la prima dell'11 Febbraio 1776, al Fisico granducale Ab.  Felice Fontana, fratello di Gregorio Fontana, il grande matematico scolopio di Rovereto, collega del Fisico di Roccagrimalda e suo grande amico; la seconda del 24 Marzo al Volta, allora reggente la cattedra di fisica nelle scuole superiori a Como.  Nella Prima lettera il Barletti, riconosciuto il proprio debito con lo Studíoso granducale, dichiara come analizzati nuovamente i fenomeni di natura elettrica, sbomberato l'animo da ogni convinzione condizionante, rifatte le esperienze che in precedenza lo avevano convinto della validità della teoria frankliniana, si era trovato a rímeditarle sotto diversa luce e le aveva trovate più rispondenti all'ipotesi dei due fluidi elettrici avanzata da Symmer e sostenuta dal Nollet.

Il motivo di fondo di questa svolta è così espresso dallo storico della scienza John Heilbron: «Another admirer of Aepinus, Barlettí, regected the proposed intermolecular repulsions and insisted that negative states, defects and emptiness (il níente) - the last being the electrical condiction ol the external coating of jar according to ortbodox Franklínísts - are metaphysical ideas, non positive: Tbe great Torricelli bas banisbed tbe orror vacui, Torricelli's great successor (by wbicb Barletti apparently meant bimself) banished il niente.  Barlettis literal mind rebelled from endowing the frankliníst electrical void witb the properties of real substances»52.

In sostanza il nostro Autore non riusciva a persuadersi che i fenomeni elettrici dovessero attribuirsi per una parte (quella negativa) alla mancanza di fluido elettrico.  Di questa obbiezione è costellato l'intero volume. Riferendosi alla forza di coesione fra l'armatura di un condensatore e lo strano coibente, Egli afferma: «… dovrebbe nel­l'ipotesi di Franklin la coesione di questa veste (armatura) essere pro­dotto da mera assenza di fluido elettrico, cioè dal nulla, -e suc­cessivamente-: quando poi i frankliniani caricano una 'boccia' alla macchina, ed in altri casi simili, attribuiscono questo effetto reale alla sola privazione di elettricità nel conduttore; cioè ad una carica negativa, cioè al niente»53.

Dal dubbio all'affermazione della teoria dei due fluidi íl passo era stato breve: per un corpo neutro l'elettricità «si deve concepire in uno stato fisso, cioè unito alla materia dei due corpi o come sembra più verosimile, combinata nei medesimi nello stato di unione dei flui­di»54, o più chiaramente: «Eccitare o sviluppare elettricità, non è altro che scomporre l'unione dei due fluidi, o delle parti di un fluido, che ne costituisce l'equilibrio, e lo stato fisso nei diversi corpi»55, e poi ancora: «Ciascun corpo esige una determinata quantità di que'  fluidi comunque o uniti o fissi, ovvero disgiunti o sciolti.  In quanto i due fluidi sono sviluppati e disgiunti, vi è elettricità manifesta coi noti segni elettrici.  Tendono però quei fluidi naturalmente a ríunirsi, ed in ragione che tornano alla loro primiera unione, si equilibra e si fissa l'elettricità e ne svanisce il segno»56 e più oltre: «E può concepirsi la scarica, come il ritorno, ossia la riunione della stessa elettricità negativa alla sua prima faccia ond'era partita; ed il riflesso, ossia la riunione dell'elettricità positiva alla sua prima faccia, donde nel caricarsi la boccia fu spinta e cacciata fuori»57.

Tralasciamo una più attenta analisi dell'opera che già è stata svolta da Antonella Bonato58, limitandoci a notare che all'interno della teoria dei due fluidi trovano una chiara spiegazione, che non richiede ipotesi aggiuntive, i fenomeni connessi con l'elettricità vindice, argomento che già abbiamo avuto modo di incontrare, e veniamo alla lettera indirizzata al Volta.  Lettera alla quale il Barletti, conscio dello scalpore che le sue tesi, affermate con piglio così deciso, desteranno nell'ambiente scientifico, premette un brano dove si affretta ad addolcire la sua Posizione, gettando un ponte agli avversari: «Mentre conveniamo nei fatti ed in forza di questi andiamo d’accordo di molte riforme delle quali ha bisogno l’estensione di questa teoria; non dubito che a poco a poco anche nel rimanente ci accorderemo»59. Della stessa lettera Padre Carlo si avvale, per far conoscere all'amico l'opera di Aepinus, che nel 1775 il Volta ancora non aveva potuto procurarsi: «di simili fatti vi ho ragionato più volte nelle mie lettere. Ora ve ne mando un fascetto e sono le più impor­tanti esperienze del celebre Epino, tanto da voi desiderate e trascritte con le sue parole giacché non posso trasmettervi l'intero volume»60.

Va detto che il Fisico monferrino, che aveva correttamente iden­tificato nel Volta un oppositore alla teoria symmeriana, forse non immaginava quanta Poca presa facessero le sue argomentazioni e prove sull’interlocutore. Proprio sul finire di Gennaio Don Alessandro aveva infatti scritto all’amico Landriani: «Non ho risposto nulla alle sperienze che mi comunicaste dell'abate Fontana, credute poco favorevoli alla teoria Frankliniana. A dir vero ne fo poco caso; e certo niuna è nuova toltone forse l'esperimento del crescere la capacità della bottiglia per carica. (…) Quanto alle frimbie rivolte ad ambo i lati opposti nelle carte forate da colpo elettrico, Nollet aveva già molt'anni sono fatta quest'obiezione ai Franklinistí, vedendola una prova evidente delle sue opposte correnti simultanee; nell'istoria però del Priestley e nell'opera grande di Beccaria del 1772 è sciolta pienamente l'obbiezione: né ci vuol molto ad intendere come ciò accada; sapendosi gli effetti dell'esplosione laterale, dello scagliar in vapori le parti ecc. »61.

Tuttavia crediamo che lo scritto a lui diretto non lo abbia deluso perché a nostro avviso rappresenta la parte più profondamente inno­vativa, che riprende la descrizione di un esperimento di Epino rifatto dallo stesso Fisico Scolopio alla presenza di Spallanzani e di altri colleghi dell'Università pavese, e che noi brevemente riassumiamo.

Si prenda un cilindro orizzontale di metallo sul quale si faccia pendere, appesa ad un filo di seta, a brevissima distanza una sferetta di midollo di sambuco, caricata elettricamente, se il cilindro viene a sua volta caricato lentamente di elettricità omologa a quella della sferetta, questa si scosta dalla propria posizione lungo l'asse longitudinale del cilindro creando un angolo con la perpendicolare che va via via crescendo al crescere della elettricità accumulata nel cilindretto, fino ad arrestarsi con il processo di carica del cilindro.  Si constata ora che la sferetta si ferma in questa ultima posizione dalla quale non può essere scostata che per azione meccanica, ed alla quale torna non appena l'azione esterna viene sospesa. Da questa osservazione il Barletti ricava una legge secondo la quale: «l'angolo, ossia l'arco di repulsione, è proporzionato alla quantità di elettricità omologa nel corpo repulso»62.

Questa affermazione che individua il rapporto diretto tra forza di repulsione fra due corpi di carica omologa e intensità della carica stessa è una corretta deduzione dell'azione delle forze generate dalle cariche elettriche anticipatrice dei più completi e generali risultati di Charles Coulomb.

Inoltre se lo studioso monferrino non è persuasivo nell'individuare i motivi che portano a far deviare la sferetta in corrispondenza della parte più breve del cilindro, chiarisce invece come avvenga che col passare del tempo l'angolo diminuisca ad opera del lento scaricarsi dei corpi sia attraverso l'aria sia attraverso il filo di seta della sferetta, dimostrandosi in questo molto più acuto di Epino, che ne aveva attribuito la causa ad un'ulteriore attrazione.

Nel complesso ci troviamo di fronte ad un saggio importante non solo perché in esso vengono categoricamente formulati i principi del­l'ipotesi del Symmer che, giova ricordarlo, trovarono poi nell'Europa continentale una generale accoglienza, ma anche perché ricco di importanti intuizioni che fanno compiere alla conoscenza dell'elet­tricità significativi passi avanti.

John Heilbron giudica in proposito che anche per il Volta i rapporti con il Barletti furono in questa fase particolarmente fecondí:

«The combination of this reading (il “ Tentamen ” di Aepinus e della memoria del 1771 di Cavendish), of the natural development of bis own views, and, perhaps, of the writings of Barletti, wbo first acquainted bim witb Aepinus, worked a change in Volta's approach to electrical teory.  The first public expression of bis new style, or “second manner” came ín 1778, in tbe form of an open letter to Saus­sure on tbe capacità od condensers»63.

Noi riteniamo che l'ipotesi prospettata dall'Autore americano vada accolta senza esítazione, essendo la forma dubitativa usata da intendere in senso cautelare verso uno scienziato, come il nostro, purtroppo ancora poco noto anche allo Storico americano.

 

 

Barletti e Volta diventano colleghi

 

«Nel rilevare qui brevemente alcuni incomodi della Frenkliniana Teoria, non voglio punto diminuire íl meríto degl'illustri Fisici, cbe l'ànno seguitata, fra' qualí dev'esser distinto il Cbiaríss. P. M. Beccaria, che trionfa coronato di elettrica luce, e sopra ogn'altro l'immortale Franklin le cui felici sperieiize e combinazioni saranno sempre i cardini d'ogni elettrica Teoria, delle qualí perciò ne abbiamo ritenuto il tenore, e perfino i nomi»64. Malgrado il libro fosse cosparso di questa come di altre simili dichiarazioni, generose di ricono­scimenti per gli avversari, il dibattito sull'esistenza dei due fluidi elettrici, che come era da aspettarsi, si era riacceso nel mondo scientifico dopo la pubblicazione di Dubbi e pensieri..., aveva generato contro il nostro autore l'implacabile ostilità di tutti i frankliniani e del Beccaria, la cui autorità in campo elettrico era ancora notevole nonostante lo scacco ricevuto nella vicenda dell'Elettricità víndíce.

Padre Carlo, per la sua battaglia, oltre che affidarsi ai recensori delle varie gazzette per far conoscere la propria opera e le proprie idee, avvalendosi dei buoni uffici degli amici Fontana e Spallanzani, fece pervenire il suo volume agli esponenti più prestigiosi del mondo scientifico65.

Frattanto la diversità di opinioni non sembra aver creato problemi con il Volta e la corrispondenza fra i due è tutt'altro che interrotta.  Scrive il Nostro all'inizio del '77: «La pregiatissima dei 17 corrente è la seconda, cbe ricevo in quest'anno; e questa mia è la quarta, che in quest'istesso anno scolastico vi scrivo; di qui potrete intendere, se veramente l'ultima mia antecedente sia andata perduta»66.

Nel Maggio del '76 Volta aveva indirizzato a Giuseppe Klínkosch, autore di un opuscolo67 sul suo elettroforo perpetuo e sull'elettricità vindice, una lettera, pubblicata nella «Scelta di Opuscoli ec.», nella quale, pur riconoscendo di essere debitore nei confronti degli studi di Epino, Symmer, Beccaria e Cigna, difendeva l'originalità del suo elettroforo perpetuo dalle osservazioni del praghese, che aveva avuto conoscenza dello strumento attraverso l'opuscolo encomiastico dell'Ab. Jaque che lo dichiarava si: «un nuovo apparecchio che stordisce i pii abili Elettrizzanti», ma poi ne dava una spiegazione carente, che era all'origine delle critiche dell'interlocutore68.  Proprio a questo scritto fa riferimento il seguito della lettera dello Scolopio, che si compiace con don Alessandro per aver riconosciuto onesta­mente la parte svolta per primo dal Cigna, col caricar “bocce” con l'elettricità symmeriana, mentre mostra dispiacere e disappunto perché analoga attenzione non è stata riservata alla parte da lui avuta in quegli studi.  Prosegue poi dicendo di come Egli si sia procurato le lettere voltiane sulle “arie”, di un'opera di Felice Fontana, del Ma­gellan e seguita quindi: «Franklin e' a Parigi, non so se per affari politici, o letterari.  Dice di essere cola' per assistere due suoi nipoti, e cosi' sarebbe per motivo economico.  Chi sa', che non venga anche in Italia?  Quanto lo tratterei volentieri»69. Così commenta Antonio Pace: «Barletti's attack on franklinian principles was purely scientific matter and bore no implications of personal anímus ” -concludendo che- This prevailing eigtbeenth-century atmopbere of intellectual bro­therbood so warmly attested by Barletti underlies the numerous contacts, personal and letterary, tbat Franklin bad with Italian Scíentists, expecially tbose who sbared his interest in electrícity»70. Il giudizio di Pace è sicuramente appropriato perché il Barletti rico­nobbe sempre i meriti del Fisico di Fíladelfia.

Anche in questa lettera, non mancano però, gli echi dello scontro con i frankliniani: «Sento dire, ma le credo ciarle, che il magno Beccaria vuole rispondermi.  Sarebbe il maggior piacere, che possa aspettarmi. Avrei così campo di estendermi con più interesse. Io ho riscontri dell'opera mia da penne maestre; - aggiunge poi con una certa enfasi - sopra ogni penna però mi lusinga la verità dei fatti, e la sicurezza del risultati; onde nulla temo»71.

Si arriva così alla ormai celebre lettera che il Volta indirizza al Barletti il 18 Aprile 1777, che è in risposta ad una del Barletti del 2 Aprile, purtroppo andata smarrita: «Vi ringrazio delle osservazioni vostre sull'opera mia spiegatemí nella lunga lettera del 2 corrente.  Non vi dispiaccia ch'ío le ricorra; che in fine vi farò parte d'alcune nuove esperienze, che vi diletteranno»72. In essa dopo una prima parte dedicata all'aria infiammabile e al valore da attribuire ad alcuni risultati raggiunti dall'Ab. Fontana sull’aria nitrosa, argomenti riguardanti le Arie, altra punta avanzata della ricerca settecentesca, è illustrato un apparato:

«che si può chiamare con un bel nome grande e imponente pistola elettrico-aereo-infiammabile. A giustificare i titoli di tale nome eccone le prove e gli effetti. Riempito un quarto od un terzo della capacità A d'aria infiammabile metallica e il resto di aria comune; di poi caricata la palla come nella figura si vede, basta dare una scintilla elettrica alla palla d, che in mantinente siegue lo scoppio punto e poco inferiore allo sparo d'un'ordinaria pistola; e la palla di piombo è cacciata con furia alla competente distanza. Ciò che vi farà meraviglia, e che rende questa pistola infinitamente curiosa e comoda, è che ogni piccola scintilla elettrica in qualunque modo data, tanto cioè che basti a spiccare il salto dall'una punta all'altra dei due gli in c, non manca mai di far nascere l'esplosione.  La scintilletta d'un piccolo elettroforo da tasca, come vedete in d, mi basta a far il tiro. Può bastare anche meno, essendoché le punte possono tanto approssimarsi in c, che non distino più della grossezza di un capello. Adunque un grosso bastone di cera Spagna bene stropicciato vi farà giuoco. Che ne dite amico? Dubitate ancora che la mia aria in­fiammabile possegga questa virtù' in grado senza pari?  Quale mai degli olj eterei si accenderebbe per una scintilletta elettrica si esile, e quasi insensibile?  Che ne dite degli sforzi e dei grandi apparati di batterie con cui i Fisici si applaudivano di riuscire ad infiammare colla scintilla elettrica la polvere da cannone?  Io non ho bisogno di tanto: interponendo l'aria infiammabile darò fuoco ad una bomba collo scudetto del mio elettroforo da tasca, o con un bastone di ceralacca: la scintilletta elettrica applicherà la fiamma all'aria, e questa alla polvere»74.

Il Volta continua descrivendo le molte esperienze a cui un simile apparato si presta, in particolare afferma:

«Sentite. Io non so a quanti migli un fil di ferro tirato sul suolo dei campi e delle strade, che in fine si ripiegasse indietro, o incontrasse un canal d'acqua di ritorno, condurrebbe giusta il sentier segnato la scintilla commovente.  Ma prevalgo, che in un lunghissimo viaggio de' tratti di terra molto bagnata, o delle acque scorrenti, stabilirebbero troppo presto una comunicazione, e quivi devierebbe il corso del fuoco elettrico spiccato dall'uncino della caraffa per ricondursi al fondo.  Ma se il fil di ferro fosse sostenuto atto da terra da pali di legno qua e là píantasi es. gr. da Como a Milano; e quivi interrotto solamente dalla mía pistola, continuasse e venisse in fine a pescare nel canale del naviglio, continuo col mio lago di Como; non credo impossibile di lar lo sparo della pistola a Milano con una boccia di Leyden da me scaricata in Como»75.

Dopo altre spiegazioni sui modi di impiegare l'ordigno concepito, così conclude:

«Sentirò volentieri come vi incontrino tutte queste esperienze; e avrò a caro assai più se tutte o alcune ne ripeterete voi in presenza dei vostri scolari, e di codesti Professori. Crediatemi con tutto l'affetto Vostro aff.mo amico A. Volta»76.

L'esperienza proposta, come abbiamo visto, consisteva nel pro­vocare lo sparo, in Milano, di una pistola ad aria infiammabile, l'ultimo prodotto della ricerca voltiana sulle arie, accendendola mediante una scintilla elettrica, fatta scoccare in Como da una bottiglia leidense, e trasmessa da un lungo filo conduttore isolato e sostenuto da pali.  In essa si può agevolmente vedere un'anticipazione del telegrafo, per questo ha sempre destato l'ammirazione generale per l'arditezza con la quale è stata concepita. La scelta dell'interlocutore per un'ipotesi cosí avanzata, così come il linguaggio colloquiare o le affettuose formule di saluto sono, a nostro avviso, indicative della stima e della confidenza che in questo periodo improntano le relazioni fra il Volta e il Fisico di Roccagrimalda, e avvalorano l'influenza individuata dall'Heílbron.

Dubbi e Pensieri... e il conseguente clamore avevano finito, come sempre avviene in questi casi, con l'accrescere la fama di studioso di fenomeni elettrici per la quale il nostro Autore era già noto.  Non fa meraviglia, quindi, che a lui si rivolgesse, fin dal Dicembre del 1776 il Canterzani per invitarlo a diventare il redattore degli argomenti di carattere elettrico per la nascente Enciclopedia Italiana che il dotto abate veneziano Zorzi stava progettando77:

«Quanto mi consolo, sentendo che V.R. abbia preso sopra di sé l'impegno di stendere gli articoli spettanti all'elettricità per la nuova Enciclopedia Italiana»78. Nonostante questa recisa affermazione la partecipazione del nostro Autore era, per il momento tutt'altro che sicura. Infatti, nella risposta, il Barletti pur dicendosi interessato mo­stra perplessità sulla riuscita dell'impresa in assenza di un mecenate o di forti finanziatosi. Successivamente rassicurato, conclude di riso­lvere i suoi dubbi dopo aver esaminato il prodromo dell'opera in corso di pubblicazione, non senza aver informato il suo interlocutore bolognese di aver già partecipato a simili pubblicazioni:

«Ho trovato in detti supplementi (all'Encyclopédie) prescelti alcuni articoli che io per divertimento aveva mandato al professore De Felice. per la sua enciclopedia di Yverdon. Sono questi segnati con le lettere (P.B.) ed ho riscontrati interi due cervo volante e conduttore del fulmine. L'articolo Elettrícítà è pure mio, ma l'editore di Yverdon ha stimato bene di porvi in fine un'altra lettera (J) non so se per errore o per colpo di mano di quello che è segnato con tale lettera, a cui è appoggiata la parte fisica e ritoccava la dicitura Francese anche dei miei articoli. Per riconoscere però che è mio basta dare un’occhiata al mio saggio primo di fisica che è l'origine latino stampato prima del tomo d'Yverdon»79. Il tono noncurante non tragga in inganno, è facile immaginare sotto l'apparente indifferenza l'orgoglio del nostro per aver partecipato ad una impresa della quale «La gazzetta Letteraria» di Milano scriveva al suo esordio:

«Bramando poi di aprire il nostro giornale coll'annunciare qualche opera grande ed interessante, abbiamo creduto di dover ciò fare coll'avviso della seguente opera, che renderà perenne la fama della nazione svizzera, ov'ella si stampa, degli autori di ogni paese, che vi concorrono, e dell'Italia a cui appartiene per nascita il sig. professor De Felice, che regge particolarmente quest'impresa immortale»80.

Dopo una lettera del Canterzani che ribadisce l'interesse per la partecipazione del Fisico di Rocca Grimalda:

«Sono ben lieto che ella prenda impegno per l'Encictopedia Italiana la quale diventerà sempre più pregevole ed interessante e onorerà la nazione per gli articoli, che Ella somministrerà. (... ) Lo farò (l'Ab. Zorzi) ancora consapevole del ruolo che ella ha contribuito all'Enciclopedia d'Yverdon e dell'uso che hanno fatto dei suoi articoli i francesi nei due tomi dei supplementi, che hanno dati, e nei quali ho già letto io stesso quegli articoli medesimi con particolare mia sod­disfazione»81, lo scambio epistolare fra i due sembra interrompersi.

A questa lettera del Canterzaní segue un lungo silenzio che termina solo verso la fine del 1779:

«Si immagini V.S. Ill.ma di vedere i caratteri di un resuscitato che tale posso dirmi io dopo la terribile malattia di due anni non ancora passati.  Il cimento di morte fu effetto dell'eccessivo uso di elettriche esperienze.  Il taumaturgo a cui devo la resurrezione è il dott. Borsieri»83.

Il pericolo corso aveva dovuto essere davvero grande, se Egli si ritiene perfettamente giustificato a continuare:

«Accadde nella fine di questo anno la disgrazia di Luini e fu una provvidenza, che così io ebbi campo di passare alla fisica generale tanto meno laboriosa della sperimentale, e fu in questa surrogato il Sig. Volta pieno di gioventù e di abilità per portarne il peso»84.

Senso di soffocamento, sangue al naso, paralisi temporanee, com­mozioni celebrali, convulsioni e stordimento, questo era il pesante scotto che molti scienziati di quell'epoca potevano essere chiamati a pagare per gli effetti delle troppe scosse ricevute durante le loro ricerche.  Per il Barletti da sempre afflitto da una salute malferma questo era vero a maggior ragione. Le lettere sue, che noi abbiamo, sono tutte piene di notazioni sulla salute, ed in particolare quelle di questo periodo:

«Ne' primi Giovedì della corrente quadragesima mi sono per la terza volta convinto coll'esperienza mia propria, che il continuato uso di elettricità dispone, ed accelera l'alcalescenza, e putrefazione delle sostanze animali, massime quando sono queste di sangue agile, e sottile, e di fibra molto sensibile. Tostocbé sarà riuscito il Sig.  Professore Borsieri, che per sua bontà mi cura, ristabilirmi alquanto in forze, cimenterò sopra di me l'antiputrida virtù delle arie fisse.  Ma dubito, che non sia più facile, tentando, di trovar malori che medicine»84.

Così in una lettera al Firmian del Marzo '78; di questi problemi Egli parla anche in un opuscolo che pubblicherà nel 1780 su gli usi medici dell'elettricità:

«niuno più di me ha occasione e diritto di scrivere sopra questo argomento tanto interessante e tanto ai nostri giorni agitato nella medica e fisica storia ... perché il temperamento mio sensibile a certo particolare ardore nelle elettriche ricerche mi anno replicatamente posto in circostanze di provare la perniciosa azione e forza dell'elettricità sopra l'economia animale.  Molte furono in diversi anni le mie malattie che ebbero la stessa origine e tutte furono somiglianti nelle precedenze e conseguenze. ... il più importante preservativo fu di astenermi dall'uso di elettriche esperienze.  L'uso che mi portò notabile pregiudizio fu di esperimentare con grandi macchine e con frequenti esposioni (scosse) le quattro o sei ore di seguito ogni giorno, ed anche più di una volta al giorno»85.

Una vita tutt'altro che scevra di pericoli, come spesso si immagina per gli studiosi, ma come abbiamo visto la vicenda si conclude in maniera fortunata sia per Padre Carlo, sia per il Volta che assunse così la cattedra di Fisica Sperimentale della prestigiosa Università pavese. Anche se per il Barletti, costretto dalla salute a lasciare quel­la posizione di punta nella ricerca, allontanato dalla cura delle sue care macchine sperimentali di cui in quel momento alcune com­missionate al Landriani86, rimase una punta di rammarico poiché avrebbe gradito quantomeno conservare il titolo di Prof. di Fisica Sperimentale, come chiese in una lettera, dall'esito negativo, al Firmian87. Dispiacere per altro attenuato dal fatto che il Governo Imperiale all'inizio dello stesso anno aveva avuto modo di dimostrarsi generoso verso chi tanto si stava impegnando nel proprio ufficio, illustrando con la propria opera l'Università Imperiale, e al Fisico scolopio, allo Spallanzani e al Rezia aveva erogato un aumento di ben 300 lire88.

Con l'arrivo del Volta a Pavia le occasioni di contatti epistolari fra í due studiosi cessano quasi del tutto, e con loro, per noi la possibilità diretta di indagare sui loro rapporti che, da questa data in poi, conosceremo solo attraverso giudizi e commenti rivolti a interlocutori terzi, ma questo è un periodo che, per la difficoltà di reperire e organizzare il più vasto materiale, ci ripromettiamo di indagare in futuro.

Alessandro Laguzzi

 

* Il P. Carlo Barletti nacque a Rocca Grimalda (Alessandria) il 23 maggio 1735 e nel 1751 vestì l'abito del Calasanzio.  Insegnò da prima nelle scuole inferiori, ma sin da allora non cessò di darsi allo studio della fisica che insegnò dapprima a Chiavari poi ad Albenga e Savona, infine a Milano da dove nel 1772 venne chiamato alla Cattedra di Fisica Sperimentale della R. Università di Pavia. Egli dovette questa chiamata a due suoi pregevoli lavori sull'elettricítà dedicati al Conte Firmian. Nel 1778 per le condizioni della sua salute fu sdoppiata la cattedra e al Barletti fu affidata quella di fisica generale, mentre quella di fisica sperimentale era assegnata ad Alessandro Volta legato a lui da cordialissima amicizia testimoniata da stretti e importanti rapporti epistolari.  Il Barletti, come altri suoi colleghi ferventi di amor patrio credettero nell'azione liberatrice di Napoleone; ma poi si Ravvicinarono afl'Austria.  Subì processi e persecuzioni e per sette mesi subì il carcere.  Mentre si istruiva un nuovo processo, trasportato e cautamente condotto dalle carceri nella Casa dei Padri della Missione dove sedeva la R. Comnússíone di Polizia, moriva di sincope il 25 febbraio 1800 all'età di 65 anni.

1. Su Padre Carlo Barletti si veda: P. Leodegario Picanyol, Un grande fisico dimenticato: Carlo Barletti delle Scuote Pie (1735-1800), Alexandria, anno VI, pp. 367-373; Id, Il Padre Carlo Barletti delle Scuole Pie (1735-1800) e il suo carteggio con i grandi scienziati Italiani del tempo, Alexandria, anno VII, pp. 260-267; Id, Carlo Barletti, Monumenta Scholarum Piarum, Roma, 1938; Id, Le Scuole Pie e Galileo Galilei, PP.  Scolopi di San Pantaleo, Roma, 1942; Vincenzo Cappelletti, Barletti Carlo, in Dizionario Biografico degli Italiani, Voi.  VI, Roma, 1966, pp. 401-405; ANTONELLA BONATO, Gli Studi elettrici nel '700: Padre Carlo Battista Barletti, in “ Archivium Scholarum Piarum ”, Roma, Annus V, n. 9, pp. 147-184.  Si veda anche: ALESSANDRO LAGUZZI, Un Fisico del '700, Carlo Barletti di Roccagrimalda, in URBS trimestrale dell'Accademia Urbense di C>vada, Gennaio 1987; Marzo 1987; A. LAGuzzi, Un Fisico del '700: Carlo Baretti (ma Barletti), La provincia di Alessandria, Anno XXXIV, Aprile-Giugno '87, pp. 91-98.  Per quanto concerne il contributo dato dal Barietti alla nascita della Società Italiana delle Scienze si veda: GiuSEPPE PENSO, Scienziati Italiani ed Unità d'Italia, storia dell'Accademia Italiana delle Scienze detta dei XL, Roma, 1979; CARLO BARLETTI, Nuove sperienze elettriche secondo la teoria del Sig. Franklin e le produzioni del P. Beccaría, Galeazzi, Milano, 1771; CARLO BARLETTI, Pbysica Specimina, apud Galeatium, Mediolanum, 1772.

2 Scriveva infatti fra gli altri un recensore di “Nuove sperienze... “: ” Siamo stati prevenuti da molte Gazzette Letterarie italiane e oltramontane nel dar conto di quest'Opera che ha si giustamente incontrata l'approvazione de' più esperimentati e celebri professori ”, Gazzetta letteraria di Milano, 1772, p. 30.

3 CARLO BARLETTI, Nuove sperienze... cit., p. 5, si veda inoltre a p. 7 il sonetto che ricorda l'interesse manifestato da Giuseppe II per le Scienze.  C. BARLETTI, Pbysica Spcimina cit.  L'indirizzo all'uomo politico occupa le pp. 3~7.

4 Sulla riforma dell'Università di Pavia si veda: ANNA E. GALEOTTI, Politica della cultura e istituzioni educative.  La riforma dell'Utiiversità di Pavia (1753-1790), Pavia, 1978; GiULIo GUDERZO, La riforma dell'Università di Pavia, pp. 845-861; UGo BALDINI, L'insegnamento fisico matematico a Pavia alle soglie dell'Età Teresiana, pp. 863-886, stanno in: Economia, Istituzioni, Cultura in Lombardia nell'età di Maria Teresa, a cura di Aldo De Maddalena, Ettore Rotelli, Gennaro Barbarisi, Il Mulino, Bologna, 1982.

5 C. BARLETTI, Physica Specimina cit., p. 157.

6 ARCHIVIO DI STATO DI MILANO (A.S.M.), Autografi, cartella Barletti, Lettera del Barletti a Carlo Conte di Fírmian, Pavia, 12 Gennaio 1773.

7 JOHN HEILBRON, Alle origini della Fisica moderna, il caso dell'elettricità, Bologna, Il Mulino, 1984, p. 231; cita Pavia come esempio emblematico di intervento dello Stato nell'allestimento di un laboratorio scientifico.  Sempre in merito al Gabinetto di Fisica ricordiamo che Jean Bernoulli 111 che lo visitò nel 1775, durante la gestione Barletti, ne rimase piacevolmente sorpreso; JEAN BERNOULLI III, Lettres sur digérens suiets écrites pendant le cours d'un voyage pur l'Allemagne, la Suisse, la France meridionale et l'Italie, en 1774 et 1775, 3 vol., Berlin, 1779; III, pp. 56-63.

8 OSTERREICHISCHES STAATSARCHIV WIEN (O.A.W.), Lombardei Korrispondenz, Lettera di Carlo Conte di Firmian a Kaunitz, Milano, 14 Febbraio 1775.  All'A.S.M. nel fascicolo cit. esistono numerose lettere del Barletti al Firmian aventi per oggetto le macchine per esperienze del Gabinetto di Fisica, così come esistono parecchi elenchi di macchine da realizzare o rendiconti di macchine realizzate, richieste per armadi e tavoli, ecc.

9 Edizione Nazionale delle Opere di Lazzaro S ' pallanzani, Carteggi (a cura di Pericle Di Pietro), Modena, Enrico Mucchi Editore, 1985, vol.  IV, ComparettiFortis, Lettere al Fírmian, pp. 249-329.

10 A.S.M., Autografi, Lettera del Barletti cit.

11 A.S.M., Autografi, cart. Barletti, Lettera del Barletti al Firmian del 24 Dicembre 1773, ricordiamo inoltre che il lavoro del Re venne apprezzato più volte anche dal Volta, il Barletti lo aveva per amico tanto che venne nominato suo esecutore testamentario.

12 L. SPALLANZANI, Epistolario (S.E.) (a cura di B. Biagi), Firenze, Sansoni Antiquariato, 1958-64; S.E@.I., p. 360, Letera di Spallanzani all'Abate Domenico Bartoloni Segretario e Professore dell'Università di Siena, Pavia, l' Febbraio 1773, dove lo Spallanzani, preannuncia: “ ed un opuscolo fisico si farà pregio di farvi tenere il P.re Barlettí Professore di Fisica Sperimentale nella nostra Università. Soggetto già noto per alcune sue Produzioni stampate in materia di elettricità”.

13 O.A.W., Lombardeí Korrispondenz, anno 1773, Lettera del Barletti a Carlo Conte di Firmian, Pavía, 5 Novembre 1773, nella lettera si fa una relazione del viaggio e si chiede un rimborso delle spese sostenute di cui si allega una nota, tale nota è stata da noi trovata presso l'A.S.M. nella cartella cit.

14 Epistolario di Alessandro Volta (V.E.), Edizione Nazionale, Voll. 5, Zanichelli, Bologna, 1949-55.  V.E.I., p. 178, Lettera del Principe di Kaunitz a Firmian, Vienna, 26 Luglio 1777.  Si dice infatti parlando del Volta che si otterrà che si perfezioni a pubblico vantaggio: “abilitandolo a fare qualche letterario viaggio durante il tempo delle Ferie, come appunto negli anni passati si somministrò al professore di Fisica in Pavía P. Carlo Bartetti il denaro per una simile gita, dalla quale tirò molto profitto ”.

15 Sull'Enciclopedia pubblicata ad Yverdon si veda-.  J. P. PERRET, Les imprimeries dyverdon au XVIIE es au XVIIIE siè e, Lousanne, 1945.  G. GuyOT, Le rayonnement de l'Encyclopèdie en Suisse Fran@aise, Neuchatel, 1965.  G. PEJRONE CHIABOTTI (a cura di), P. B. De Felice editore illuminista (1723-1789), Yverdon, 1983.

16 BIBLIOTECA UNIVERSITARIA Di BOLOGNA, Manoscritti di Sebastiano Canterzani, caps XXVII (4158), fase. 10, lettera di Canterzani a C. Barletti, Bologna, 21 Giugno 1777, l'argomento sarà ripreso anche in lettere successive.

17 CARLO BARLETTI, Dubbi e pensieri sopra la teoria degli elettrici fenomeni, no, 1776.  Si veda il frontespizio dove il Barletti si fregia del titolo di Socio dell'Accademia di Mantova in pubblicazioni successive il Barletti mentre si fregerà sempre del titolo di socio dell'Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna, si dirà poi genericamente socio di altre Accademie e Società.

18 V.E.I., p. 4, Canonico Giulío Cesare Gattoni, Notizie storiche sulla prima età di Alessandro Volta.

19 V.E.I., p. 57, Volta al Conte Giambattista Giovio, Corno, l' Marzo 1772, 20 V.E.I., p. 61, Volta all'Abate Carlo Amoretti, Corno, 16 Luglio 1773.

21 V.E.I., p. 470, Giudizio sul Volta concorrente ad una cattedra di Fisica Sperimentale in Corno, l' Ottobre 1775.

22 Sull'argomento “ Elettricità Vindice ” si veda: JOHN HEILBRON, Alle origini della Fisica moderna, il caso dell"elettricità, Bologna, Il Mulino, 1984, pp. 338 e seg.; MARCFLLO PERA, La rana ambigua, la controversia sull'elettricità animale fra Galvani e Volta, Einaudi, Torino, 1986.

23 Le Opere di Alessandro Volta (V.O.), Edizione Nazionale, Voll. 7, Milano, Hoepli, 1918-1929.  V-0-III, PP. 118-122, Alessandro Volta al Sig.  Canonico Fromond ' 26 Ottobre 1775.

24 Roz.  Obser., t. VIII, 1776, p. 21.

25 Ampia Scelta di Opuscoli, Vol.  XIV, 1776, p. 97.

26 lbídem ora anche in: V.Ep.I, pp. 106-127, Lettera del P. Carlo Barletti al Volta, Pavia', 2 Gennaio 1776.

27 Ibidem.

28 11 giornale di Rozier aveva pubblicato una lettera, riguardante Elettroforo, precedente all'articolo da noi riportato alla nota 19.  Si trattava della lettera da Vienna dell'Abate Luigi Sebastiano Malzet, che venne inserita nelle: “ Roz.  Obser. ”, t. Vll, Parigi, 1776, p. 501.

29 V.E.I., pp. 108-109, Lettera di Volta al Canonico Francesco Fromond, Corno, 22 Gennaio 1776.

30 Ibidem.

31 Ibidem ' Como, 23 Gennaio 1776.

32 CARLO BARLETTI, Dubbi e Pensieri sopra la Teoria degli Elettrici Fenomeni,

Galeazzi, Milano, 1776.

33 CARLO BARLETTI, Dubbi e Pensierí... cit., p. 55.

34 V.O.III, pp. 157-158, Lettera a Marsilio Landriani del 27 Gennaio 1776.

35 V.E.I., p. 116, Lettera di Marsilio Landriani al Volta, Milano, 9 Febbraio

.36 V.E.I., p. 117, Lettera di Marsilio Landriani al Volta, Afilano, 9 Febbraio

37 Ampia Scleta di Opuscoli, Vol.  XIV, 1776, pp. 257-261.

38 CARLO BARLETTI, Dubbi e pensieri sopra la teoria degli elettrici lenomeni, Galcazzi, Milano, 1776.

39ROBERT SYMMER, New Experiments and osservations concerning Electricity, sta in: “ Philosophical transactions ”, LI, parte I, pp. 340-389.

40 L'intero episodio è ora riportato in: MARCELLO PERA, La rana ambigua> la controversia sull'elettricità animale fra Galvani e Volta, Einaudi, Torino, 1986, pp. 42 e seg.

41 GiovAN FRANCESCO CIGNA, De novis quibusdam experimentiis electricis, Miscellanea Turinensia, 3, 1762-1765, pp. 31-72.

42 CARLO BARLETTI, Nuove sperienze elettriche...  cit., pp. 48-49.

43 ANTONIO PACE, Beiamin Franklin and Italy, The American Philosophical Society, Philadelphia, 1958, p. 30.

44 Gazzetta letteraria di Milano, 26 Giugno 1776, pp. 201-203.

45 CARLO BARLETTI, Dubbi e pensieri sopra la teoria degli elettrici fenomeni, Galeazzi, Milano, 1776, p. XXVI.

46 Archívio di Stato di Milano, Lettera di Carlo Barletti al Conte dí Firmian, del 13 Maggio 1776, ora in CORRADI, Memorie e documenti per la storia dell'Università di Pavia, vol.  III, Epistolario, Pavia, 1878, pp. 2-3.

47      Lettera di Carlo Barletti all'Ab.  Felice Fontana, dell'11 Febbraio 1776 in: CARLO BARLETTI, Dubbi e pensieri sopra la teoria degli elettrici fenomeni, Galcazzi, Milano, 1776, pp. 1-2.

48 Stockolin, Kvetenskapsakademíen, Murray dep. 68-11-15/6, cc. 4-6, Lettera di Felice Fontana ad Adolph Murray del 15 Gennaio 1776 cit. in: FERDINANDO ABRI, La “spranga elettrica ”: Frisi e l'elettrícità, in “Ideologia e scienza nell'opera di Paolo Frisi (1728,1784)” a cura di Germano Barbarisi, Franco Angeli, Milano, 1987, pp. 161-199.

49 Giornale Letterario di Siena, 1776, pp. 289-300.

50 C. BARLETTI, Dubbi e Pelsieri...  cit., p. 2.

51 C. BARLETTI, Dubbi e Plnsieri...  cit., p. XXVI.

52 JOHN HEILBRON, Etectricity in the 17tb and 18th Centuries, University of

California Press, Berkeley, 1979, pp. 445.

53 C. BARLETTI, Dubbi e Pensieri cit., pp. 2-3. -"

54 C. BARLETTI, Dubbi e Pensierí cit., p. 3.

55 C. BARLETTI, Dubbi e Pensieri... cit., p. 28.

56 C. BARLETTI, Dubbi e Pensieri dt., p. 28.

57 C. BARLETTI, Dubbi e Pensieri cit., p. 30.

@.700@O@ Padre Carlo Battista

sede @ Brescia, Anno

iche e'NatUrali; ora in ArchíPP. 47-184.

c't., P. 118.     Volta, del 24 Marzo 1776 ora in.-

sce    o: (JIAMB@TTISTA BECCARI@,

ls@i7-r@lt@e8r@i Letstoerna a Elettricismo Artita Marsilio Landriani del 27 Gennaio 1776;

Reale, Torino, 1772; R. PRiESTLEY, The Historlv and Preseni il origitials esperiments, London, 1767.

62 C.  BARLETTI, Dubbi e Pensieri...   cit., p. 121.

63 JOHN HEILBRON, Electricity in tbe 17th and 18tb Centuries cit., p. 422.

64 C.  BARLETTI, Dubbi e Pensieri... cit., pp. 45-46.

65 S.E. vol.  II, pp. 124-125; Lettera dello Spallanzani a Laura Bassi (famosa matematica bolognese) dell'ultimo di Settembre 1776: nella lettera si parla del saggio del Barletti inviato a Lei e a Sebastiano Canterzani Segretario perpetuo del reputatissimo Istituto delle Scienze di Bologna. Fra le gazzette ampio spazio al lavoro del Barletti ricordiamo: “Il Giornale Letterario di Siena” (1776, pp. 289-300) che riassunse le opinioni del Barletti in ben 11 pagine.

66 V.E.I., Lettera del Barletti al Volta del 21 Gennaio 1777, pp. 146-148.

67 Schreiben den tbierischen Magnetismus, und die sicb selbst wieder ersetzende eletrische Kraft betressend, von josepb Tbad.  Klinkcosh K. K. Rath, ec. an Herrn Franz Grasen von Kinsky Maltbeser Ritter, Prag. 1776. (Lettera concernente il magnetismo animale, e la per se stessa rimettentesi elettricità, di Giuseppe Tad.  Klinkosch Consigliere ec. al Sig.  Conte Francesco Kinsky Cavaliere di Malta, Maresciallo di Campo ec.

68 Lettera del Sig. Alessandro Volta al Sig.  Giuseppe Kinkoscb, in Ampia scelta di Opuscoli, Vol.  XIV, pp. 271-281.  L'opuscolo cítato è: JACQUET, Lettre d'un Abbé de Vienne à un de ses amis de Presbourg sur l'Electropbore perpetuel, Vienne, 1775.

69 V.E.I., Lettera del Barletti al Volta del 21 Gennaio 1777, cit.

70 A.  PACE, Beniamin Franklin... cit., pp. 31-33.

71 V.E.I., Lettera del Barletti al Volta del 21 Gennaio 1777, cít.

72V.O.III, Lettera al R.do P.dre Barletti professore a Pavia, Como, 18 Aprile 1777, pp. 185-197.

73 Ibidem, p. 195, I'“ aria infianìmabile ” o “ aria mefitica delle paludi ”, dí cui si parla è l'odierno metano, ed era allora l'ultima scoperta del Volta nel campo della pneumatica, ovvero nello studío dei gas.

74 Ibidem.

75 Ibidem, pp. 195-196.

76 lbidem, p. 197.

77 Prodromi della Ntíova Enciclopedia Italiana, Siena, 1779.  Vedi anche: MARIA FRANCA SPALLANZANI, La Nuova Encíclopedia Italiana del 1779, in G. Mallatti nella cultura del suo tempo, Atti del convegno, Ferrara, 23-24 Ottobre 1981, pp. 115-146.

Maríafranca Spallanzani, basandosi su di una lettera dello Zorzi al Tiraboschi del 14 Novembre 1777 (op. cit., p. 131, in nota), scrive che Barletti figurava fra i nomi semplicemente proposti per la Classe di Fisica.  Il motivo di questa indeterminatezza è da ricercarsi nel fatto che, come prova la corrispondenza fra il Canterzani ed il Barletti, quest'ultimo non prese mai impegno specffico per la pubblicazione.  Ci appare incontestabile però l'interesse da parte del matematico bolognese ad assicurarsi la collaborazione del Barletti quale estensore delle voci di carattere elettrico, come rísulta dai brani citati ed in generale dal contesto delle lettere scambiate.  Interesse che acquista un particolare significato se si considera che fra coloro che da sempre si erano detti pronti a partecipare all'impresa figurava il Padre Beccaria, e che ci consente di valutare la stima di cui godeva il Nostro in ambito scientifico.

78 BIBLIOTECA DELL'UNIVERSITA Di BOLOGNA (B.U.Bo.), Categgio Canterzani,

lettera di Canterzani a Barletti, Bologna, 18 Dicembre 1776.

79 B.U.Bo,, Categgio Canterzani, lettera di Barletti al Canterzani, Pavia, 28 Dicembre 1979.

80 Gazzetta Letteraria, 1772, Milano, p. 1, citata anche in C. CAPRA, V. CASTRONOVO, G. RECUPERATI, La stampa italiana dal '500 att"800, Laterza, Barí, 1983, pp. 335-336.

81 B.U.Bo., Categgio Canterzani, lettera di Canterzani a Barletti, Bologna, 6 Agosto 1777.

82 B.U.Bo., Categgío Canterzani, lettera di Barletti al Canterzani, Pavia, 28

Dicembre 1779.

83 Ibidem.

84 A.S.M., Autografi, cart.  Barletti, Barlettí a Carlo Conte di Firmian, Pavia, 31 Marzo 1778, ora in CORRADI cit., pp. 3-4.

85 CARLO BARLETTI, Analisi di un nuovo lenomeno di lulmine e Osservazioni sull'uso madico dell'Elettricità, Stamperia del Monastero di San Salvatore, Pavia, 1780.

86 V.E.I, Lettera del Landriani al Volta, Milano, 24 Novembre 1778, pp. 306-308.

87 A.S.M., Autografi, cart.  Barletti, Lettera di C. Barletti a Carlo Conte di Firmian, Pavia, 13 Novembre 1778; ora in V.E.I., p. 300.

88 S.E.II, Lettera dello Spallanzani a Carlo Conte di Firmian, Pavia, l'ultimo di Marzo 1778, p. 227.